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Alluvione in Emilia Romagna, un mese dopo: voce alle aziende agricole colpite
Che danni ci sono stati e com'è la situazione oggi? L'abbiamo chiesto ad alcune aziende del territorio, sia di pianura che di montagna, che hanno subìto allagamenti e frane
"È una geologia semplicissima quella della Romagna" dice Francesco Bordini dell'azienda agricola Villa Papiano, situata nell'Appennino romagnolo, a Modigliana in provincia di Forlì. "Dal mare fino alle prime colline c'è la pianura padana creata da milioni di anni di alluvione. La prima fascia collinare è la grande zona frutticola della Romagna, caratterizzata da suoli fertili e tendenzialmente ricchi di ferro. Dopo c'è la linea dei calanchi composta da colline "rugose" e argillose che divide la collina dall'Appennino. Qui c'è la marmosa arenaria; cominciano i pascoli e la viticoltura".
Così è cominciato il nostro piccolo viaggio in Romagna a poco più di un mese dall'alluvione, percorrendo a ritroso il flusso dell'acqua, da dove è caduta fino a dove è arrivata, per capire ad oggi come si è evoluta la situazione.
"La Romagna è fatta a strisce" continua Francesco, "pianura, collina, calanchi e Appennino. Questa serie di sequenze geologiche è tagliata perpendicolarmente dai fiumi che portano l'acqua dall'appennino fino al mare, quindi ogni vallata che si percorre è caratterizzata da un fiume".
Il 16 e il 17 maggio 2023 forti precipitazioni si sono quindi abbattute sull'Appennino romagnolo. Circa 500 millimetri di acqua si sono incanalati nei fiumi e alla velocità della luce hanno raggiunto la pianura.
Ad un mese dall'emergenza i danni che si contano in campo agricolo sono sia diretti che indiretti. L'alluvione ha direttamente decimato le produzioni di frutta, ortaggi e vino, ha causato la morte di un elevato numero di capi di bestiame e ha fatto franare diversi ettari coltivati. Ma con il tempo che passa sono i danni indiretti a causare più disagio: in molte zone dell'Appennino la viabilità è ancora interrotta e in pianura bisogna gestire tutti i detriti lasciarti dall'esondazione dei fiumi. Inoltre c'è stato un ritardo nei lavori in campo e la posticipazione delle vendite.
Noi di AgroNotizie® abbiamo intervistato alcuni agricoltori della zona per farci raccontare la loro storia ma anche per capire che tipo di attività hanno fatto in campo nell'ultimo mese per gestire l'emergenza.
I campi franati
Circa il 10% della superficie coltivata di Modigliana è stata interessata da frane. Vuol dire che su 6mila ettari, 600 hanno avuto problemi.
"Gli Appennini si sono formati milioni di anni fa proprio per l'accumulo di terra che arrivava dalle grandi alluvioni. Ogni strato di arenaria racconta un'antica alluvione", spiega l'agronomo Bordini. "Quello che agli occhi dell'uomo è stata una catastrofe, in fondo per una vicenda geologica rappresenta un nulla".
L'azienda di Francesco Bordini, Villa Papiano, è un'azienda familiare di 8 ettari di vigneto coltivati nel preparco delle foreste casentinesi, dove è bandita ogni forma di caccia. Il cuore pulsante dell'attività è il sangiovese che cresce sull'arenaria, sabbia calcificata che a questo vino fa perdere i tannini e lo rende più salino e luminoso.
"Facciamo agricoltura biologica da 23 anni e biodinamica. Ci troviamo a 530 metri di quota e al 22 di giugno la vite è in fiore. Adesso si direbbe che siamo in ritardo, in realtà prima del global warming era la fioritura normale della vite".
Durante l'alluvione una frana ha interessato circa mezzo ettaro dell'azienda, interrando parte della vigna, per un danno diretto di 35mila euro.
Però, come racconta Francesco, il problema principale che ha avuto l'azienda sono i danni indiretti: "Si è azzerata la viabilità e ci siamo trovati completamente isolati per settimane. Per 12 giorni non abbiamo avuto nemmeno la corrente elettrica".
Inoltre, visto che "la tarda primavera è un periodo in cui c'è la maggiore vendita di vino ai grandi mercati, subito dopo le grandi fiere, le vendite che avremmo dovuto fare nel mese di maggio sono state fermate. È ovvio che sono tutte vendite che posticiperemo a settembre, ma in quel mese avremmo avuto altri ordini, quindi diciamo che c'è stato uno spostamento del periodo del fatturato".
Ad un mese dall'alluvione: la viabilità è ancora un problema
Dopo 2 settimane dall'alluvione a Villa Papiano hanno cominciato a fare dei lavori manuali in vigna per accertarsi che le fosse livellari funzionassero. In molte aziende limitrofe gli agricoltori sono stati costretti a tagliare i fili delle vigne, ad abbattere dei pezzi di filare e a ricreare nuove strade per poter curare parte della vigna rimasta.
Passata questa fase emergenziale si è cominciato a ragionare sulla viabilità alternativa per riconnettersi con il mondo. Gli agricoltori hanno studiato i vecchi percorsi e si sono confrontati con gli enti provinciali per aprire dei varchi. Il tutto per riprendere il prima possibile l'attività vitivinicola nella sua apparente normalità.
Ad oggi, dice Francesco "siamo ancora isolati per tutto quello che riguarda il trasporto pesante. Quindi c'è l'incapacità di portare del materiale e di gestire la logistica, dal banale gasolio agricolo al trasporto di bottiglie vuote da imbottigliare e consegnare".
Quali sono invece i lavori che verranno fatti nei prossimi mesi? Per quanto riguarda la viabilità, tutti i ripristini importanti verranno fatti dopo la vendemmia. Dopo di che si penserà anche agli ettari persi. "Per un'azienda come Villa Papiano, il 10% della superfice danneggiata vuol dire 7mila metri di vigna che ricostruiremo. Ricostruire una vigna costa, con queste densità, non meno di 40mila euro".
I campi alluvionati
Il 42% della Sau dell'Emilia Romagna è stata colpita dagli eventi alluvionali. Sono state coinvolte circa 21mila aziende, il 29% delle quali è presente nei comuni con allagamenti.
Per farci raccontare la situazione in pianura abbiamo intervistato Francesco dell'azienda agricola Montanari e Stefano e Danilo dell'azienda agricola Pini, entrambe situate nel comune di Solarolo in provincia di Ravenna.
I vigneti dell'azienda Montanari sono rimasti sotto 1 metro d'acqua per più di 1 settimana. "Abbiamo subito la rottura dell'argine del Canale dei Mulini. Abbiamo avuto danni al vigneto e ad alcuni appezzamenti coltivati a sorgo", ci spiega Francesco. "Stimiamo dal 20 al 30% del raccolto in meno di sorgo. È solo una stima perché ci sono delle piante che non si sono salvate e ancora non si vedono sotto questi 10 centimetri di fango e altre che si sono salvate ma sono molto più basse di quello che dovrebbero essere".
Nell'azienda Pini, invece, l'acqua ha ricoperto circa tutti i 50 ettari, tra vigneti, frutteti e orti, con una altezza che variava da campo a campo da 50 centimetri ad 1,20 metri.
Per fortuna Danilo e Stefano sono riusciti a mettere in salvo qualcosa: "Siamo stati bravi perché il giorno prima ci siamo fatti un po' avanti. Il 16 maggio abbiamo portato via quasi tutti i trattori e i furgoni. I danni maggiori li abbiamo avuti al campo di fragole, abbiamo perso 2 furgoni, gli ortaggi e i muri del negozio saranno da rifare e da sistemare". I danni riguardano circa il 20-25% dell'azienda.
Ad un mese dall'alluvione: il fango e i detriti
Nell'arco di quest'ultimo mese, l'azienda agricola Montanari ha dapprima cercato di togliere il fango in eccesso dai filari per poter passare in modo più agevole con i mezzi. "È stato molto difficile lavorare la terra ma abbiamo cercato di trattare il vigneto visto che era stato una settimana a mollo nell'acqua e l'attacco da peronospora era molto facile che avvenisse", racconta Francesco.
Ad oggi il livello del fango è ancora molto alto. "Procederemo come tutti gli anni. Dopo aver raccolto cercheremo di arare il più possibile in profondità per smuovere la terra. Cercheremo di salvare il salvabile raccogliendo il raccolto di quest'anno. Poi vedremo se l'anno prossimo varrà la pena di estirpare tutto".
L'alluvione non ha portato solo fango nei campi ma anche limo e sabbia fine. È proprio il caso dell'azienda Montanari: "È come se c'è un letto di un fiume in questo campo adesso, e non è ottimale per il terreno". Sabbia e limo, infatti, una volta che si sedimentano possono compromettere la porosità del terreno e creare strati impermeabili che riducono gli scambi gassosi portando al problema dell'asfissia radicale.
A tal proposito, nell'azienda Pini, dove il fango era meno, dopo l'alluvione hanno provato a lavorare nell'interfila per rompere subito lo strato di fango. "Noi abbiamo provato a romperlo e fortunatamente non era molto alto, quindi sembra che abbia funzionato. Adesso, dopo le prime lavorazioni e i trattamenti per la peronospora, possiamo andare avanti anche con gli altri lavori che causa alluvione abbiamo dovuto rimandare di un mesetto circa", raccontano Danilo e Stefano.
Il campo di fragole è stata sicuramente la parte dell'azienda Pini più colpita, dove c'erano circa 30 quintali di produzione per quest'anno, ma adesso non c'è più niente. "Prima dell'alluvione abbiamo raccolto il 10% circa della produzione totale, quindi si parla di un danno di circa 15mila euro. Adesso sembra che qualcosina si stia riprendendo però dai consigli dei nostri tecnici sembra che le piante siano da togliere e l'impianto da rifare da zero".
Prospettive future
Cosa si sa sui fondi stanziati dal governo per risarcire le imprese agricole? Per ora le due aziende di Solarolo hanno documentato tutto tramite video e foto e si sono affidati alla Coldiretti per la verifica e la quantificazione dei danni.
Francesco di Villa Papiano, invece, si esprime sulla questione della gestione dei boschi in montagna: "Se si vuole evitare la frana in un bosco bisogna tenerlo tagliato, perché quando diventa troppo pesante è anche più vulnerabile. Queste sono tutte zone in cui si taglia sempre meno perché non è conveniente, perché è scomodo o per altri motivi".
Allo stesso modo, per salvaguardare la viticoltura di montagna bisogna fare molta attenzione alle piccole opere a tutela dell'acqua: "Sostanzialmente sono cose molto semplici. Per esempio, le fosse di guardia fanno sì che l'acqua man mano che scende viene raccolta e rallenta. Altra cosa fondamentale e che si è persa, sono i terrazzamenti. In questo caso un'appendice unica e declive viene trasformata in una sequenza di piccole aree pianeggianti e di piccoli scalini. Anche questo rallenta l'acqua e si dà tempo alla terra per assorbirla. È ovvio che è un modo di lavorare che richiede tempo, perché c'è una forte manualità in queste attività, però in fondo è la missione per essere in Appennino".
Fondamentale diventa quindi trarre insegnamento da quello che è accaduto. Fenomeni come questi forse non si manifestavano da centinaia di anni ma nell'era del global warming è probabile che si presenteranno più frequentemente.
Fonte: https://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2023/06/29/alluvione-in-emilia-romagna-un-mese-dopo-voce-alle-aziende-agricole-colpite/79577
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