Chi è padrone del cibo governa il mondo

Pubblicato: 01/10/2022
Chi è padrone del cibo governa il mondo

Prima ancora di quello sugli armamenti e delle risorse energetiche, si deve sapere che il controllo sui flussi delle derrate alimentari costituisce la principale leva di potere sul nostro pianeta. Non desta meraviglia pertanto, che concetti alla base delle teorie Malthusiane, come ad esempio: “i poveri sono molti e aumentano, non c’è abbastanza cibo per nutrirli tutti”, parecchio in voga all’epoca della loro comparsa, tra chi doveva occuparsi delle politiche di gestione delle masse operaie, di questi tempi vengano rispolverati  quando si  discorre di sovrappopolazione mondiale e di come sfamarne gli appartenenti .

 Tenere buone le popolazioni attraverso la pancia più o meno piena è stato il problema di sempre dei governanti, ricorderemo il famoso metodo di quelli romani: “panem et circenses“, così come  non dimenticheremo la sorte di quella sfortunata regina francese che finì decapitata per aver consigliato di far mangiare brioche ai suoi sudditi che non avevano neanche il pane per sfamarsi. 

La questione tuttavia, occupa la mente non solo dei detentori del potere politico, ma anche in epoche più recenti, degli amministratori ed azionisti delle poche aziende multinazionali che gestiscono le risorse alimentari planetarie e che con il cibo, in una maniera o nell’altra, devono guadagnarci. Alla luce di ciò potremo capire perché il mondo del cibo sia così pervasivamente occupato da queste imprese ramificate in ogni dove.

Alla stregua di vere, guerresche, campagne d’occupazione, a monte è necessaria una strategia: a fornirla è la stessa semplice constatazione dell’emergenza, costituita dal gran numero di poveri nel mondo. Il manto di solidarietà e filantropia stesi da un’abile narrazione, fanno il resto, in quanto, esibendo basi di pensiero ineccepibili, il tutto appare come studiato quasi esclusivamente in loro favore. Per questo, centrando un primo obiettivo, le multinazionali dell’OGM si sono lanciate nella produzione di piante incontrovertibilmente adatte ai poveri. Il secondo discende naturalmente dal primo: nessuno obbietterebbe che fini così nobili debbano essere sostenuti da investimenti enormi per la relativa ricerca scientifica. Il terzo scopo consiste nel far condividere all’opinione pubblica la bontà delle battaglie “culturali” che tanto ad esse fanno spendere, ma tantissimo consentono loro di guadagnare. Forniamone un esempio: nel mondo molti bambini delle zone sottosviluppate sono a rischio di cecità e conseguente morte prematura, a causa della carenza di vitamina “A”.

A noi, sgomenti osservatori di un simile dramma, risulta difficile che ciò possa costituire una grossa possibilità di guadagno, ma per qualcuno è proprio così. La soluzione al problema è stata subito offerta dalla multinazionale di turno che ha studiato la produzione di un riso ingegnerizzato (cioè manipolato geneticamente) dall’accattivante nome di “Golden Rice”, nel quale era stata introdotta proprio la salvifica vitamina “A” che notoriamente salvaguarda da alcune patologie dell’occhio. Golden sta per dorato, così come il riso appare, a causa del betacarotene che produce la vitamina “A”, lo stesso che conferisce il colore arancio alle nostre carote. Un riso di quel colore nei posti del mondo ove è il principale alimento (Asia), non diciamo che possa essere lanciato addosso a chi lo proponesse, ma quasi, perché il riso di prima qualità da quelle parti è assolutamente bianco. Chi offre questo rimedio alle malattie della vista, dovrebbe contemporaneamente sviluppare una campagna per farlo accettare a chi da sempre lo mangia di un altro colore. Ora, il consumo di due ciotole di riso dorato al giorno, è veramente la salvezza dall’opacizzazione della cornea di circa un  milione di bambini? Esperti che hanno veramente a cuore la sorte dei popoli del sud del mondo non la pensano così, anzi, ritengono che questa sia una falsa, paternalistica soluzione cui mezza carota al giorno (contenente il fabbisogno giornaliero di vitamina “A”) darebbe una più efficace alternativa, senza ricorrere alle raccomandate ciotole di riso Golden, acquistate ovviamente dalla generosa multinazionale. Il vero problema, spesso sottaciuto da quei governi, pronti a comprare forniture di riso, guardacaso dove è nata quella coltura, non è la carenza di vitamina “A” che è endemica in quelle aree, ma il fatto che i genitori possono offrire da mangiare ai loro bambini, soltanto riso. La criticità è proprio questa, i bambini devono mangiare e anche tanto, ma non solo riso, dovrebbero poter contare infatti su una dieta più ricca e nutritivamente variegata, cosa che non è ancora possibile in quelle nazioni.

Ci sovviene un caso analogo, questa volta riguardante il continente africano, verificatosi anch’esso diversi anni fa, allorché un’altra multinazionale dell’alimentare incoraggiava le giovani mamme del sub Sahara ad allattare artificialmente i loro neonati, distribuendo   gratuitamente in ospedale confezioni di latte in polvere. Salvo poi accorgersi che l’alimentazione con quel prodotto, non più gratuito, una volta a casa, faceva morire i bambini di diarrea, a causa delle scarse condizioni igieniche e della qualità dell’acqua in cui il latte veniva disciolto. Anche l’uso di questo prodotto era stato promosso come un fattivo aiuto alla popolazione infantile di quelle regioni e all’emancipazione della donna.

Si potrebbero fare ancora esempi del genere, ma ci fermiamo a questi, di certo emblematici, sufficienti a comprendere la sete di guadagni e la mancanza di rispetto del prossimo che potrebbero nascondersi dietro campagne di sostegno all’infanzia e lotta alle malattie da malnutrizione nei paesi poveri. Vedremo nei prossimi articoli di analizzare dinamiche ed interazioni tra i governi e le multinazionali, proponendo le soluzioni trovate da studiosi onesti dell’appassionante argomento e sacrosanto diritto al cibo dei popoli.

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