Guerra Biologica e Bio Terrorismo

Pubblicato: 15/02/2021
Guerra Biologica e Bio Terrorismo

Nel precedente articolo abbiamo trattato sinteticamente i concetti di “zoonosi” e “spillover” riassumibili in: malattia trasmissibile dagli animali all’uomo e nel cosiddetto salto di specie. Concludevamo preannunciando scenari derivanti dall’impiego dei patogeni nella temibile guerra biologica.

Purtroppo non sempre l’esperienza fatta dall’uomo, con questi “micro nemici”, è stata soltanto accidentale nel corso della storia, ma ahinoi, anche un evento causato dallo stesso uomo ai danni dei suoi simili.

Partiamo dalla definizione di “guerra biologica”, ovverosia una situazione di “warfare” (Stato di guerra), caratterizzata da una minaccia dovuta ad agenti nocivi/mortali di natura biologica, tra cui organismi e tossine. E’ evidente che un tale stato comporta per la nazione vittima, l’adozione di procedure di auto protezione molto impegnative. Le armi biologiche appartengono alla categoria di quelle di distruzione di massa (bandite dalla convenzione di Ginevra).

Strettamente connesso al termine arma biologica è quello di “bioterrorismo”, intendendosi un tipo di guerra non convenzionale che può essere combattuto in forma dichiarata e non, da nazioni e/o gruppi terroristici.

In seno a questo specifico aspetto, va subito detto che l’oggetto di un rilascio malevolo di un patogeno nell’ambiente, può rivolgersi sia contro la specie umana che verso il patrimonio zootecnico e agro ambientale di una Nazione. Questo dipende dalla specie di appartenenza dell’arma biologica impiegata, annoverando tra quelle ad “uso umano”, i datati, ma sempre attuali agenti, della peste, del vaiolo, del carbonchio; oppure i micidiali, più moderni ebola, Sars-Cov-2 etc.

Il primo impiego ufficialmente documentato di guerra biologica, risale al 1347, quando l’esercito tartaro catapultò cadaveri di propri commilitoni uccisi dalla peste, all’interno della fortezza genovese di Caffa, sul Mar Nero; facendo dilagare il morbo tra gli assediati, già indeboliti dalla durata dell’assedio.

Nel 1763 il governatore della Nuova Scozia (U.S.A.) pensò di “aiutare” una tribù di pellerossa a superare l’inverno, donando loro abiti e coperte contaminati dal pus di ammalati di vaiolo.

Oggi in laboratori civili di tutto mondo (America, Francia, Russia, Cina, Inghilterra) si coltivano e si studiano colonie di batteri e di virus; il tutto, almeno così dovrebbe, sotto i dettami della Convenzione sulle armi biologiche - Convention on Biological Weapons (BWC) cui hanno aderito nell’agosto 2019 183 Stati con l’impegno a non sviluppare produzione e stoccaggio di armi biologiche e tossiniche.

Sul versante “agricolo”, quindi con finalità di danneggiamento delle produzioni alimentari vegetali, si candidano, è proprio il caso di usare questo termine, due batteri: “Xylella Fastidiosa” tristemente noto ai nostri olivicoltori ed il meno conosciuto “Candidatus Lyberibacter”, dannoso per le colture di agrumi. Anche questi patogeni sono oggetto di studio per eventuale impiego bellico.

Esistono apparati tecnico-scientifici e normativa speciale all’interno di istituzioni di vari stati, pronti ad essere impiegati sia per discriminare e riconoscere l’origine accidentale e/o volontaria, a seguito del rinvenimento di focolai di questi agenti nocivi, sia per contrastarne gli effetti.

Di questo parleremo nel prossimo articolo.

QUERCUS



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