La parola alla siccità

Pubblicato: 18/07/2022

Interviste impossibili: la penuria di piogge sta mettendo in ginocchio l'agricoltura. I rimedi ci sarebbero, ma solo nel lungo periodo

La parola alla siccità

Al momento di scrivere questo articolo alcune perturbazioni minacciose si stanno avvicinando a Piemonte e Lombardia. Il rischio grandine è elevato, della serie: l'acqua manca e quando arriva può anche fare danni. 

Di certo, dopo un inverno privo di precipitazioni e una primavera a singhiozzo, le riserve idriche sono ridotte al minimo, con fiumi, laghi e canali praticamente a secco. Si poteva fare qualcosa in passato? Potremmo fare qualcosa oggi? Meglio chiederlo a lei, alla siccità.

Siamo messi molto male, quindi non se La prenda se non provo per Lei particolari simpatie. Però intervistarLa mi tocca e quindi iniziamo col chiedere: quanto ha intenzione di durare ancora?

"Dolente, ma io sono solo frutto di due variabili a me superiori, ovvero la Natura, con le sue periodiche oscillazioni e voi, con i vostri impatti sull'atmosfera e quindi sul clima. In sostanza e in buona parte, io sono figlia vostra. Se come figlia non vi piaccio, non potete certo dare la colpa a me...".

Ok. Forse siamo partiti col piede sbagliato. Siamo d'accordo che sotto c'è lo zampino dell'uomo, con crescenti emissioni di gas serra che promettono niente di buono, né oggi, né tanto meno in futuro. Come pure è vero che siccità simili a quelle attuali sono sempre esistite senza che noi ci si sia attrezzati abbastanza per affrontarle al meglio. Solo che ora non possiamo più subire gli eventi come in passato. Quindi andiamo al sodo: cosa possiamo fare?

"Nel breve? Poco. L'acqua è quella che è e non potete mica crearla dal nulla. Razionatela, ottimizzatene l'uso, create scale di priorità. Insomma: fate di necessità virtù. Tenete cioè botta finché le piogge mi metteranno fine. Magari stando lontani dai bizzarri personaggi che propongono come soluzioni quelle di non lavarsi, di non tirare lo sciacquone del water e altre amenità che poco possono fare sulla crisi idrica, ma molto possono fare sul livello di igiene personale e domestica".

Li ha sentiti anche Lei?

"Eccome. Io ci posso anche ridere, voi un po' meno. Questa è gente che propone come soluzione degli scenari che ricordano quelli in cui vivevano i servi della gleba, o che caratterizzano certi villaggi dell'attuale Siberia, con le case sprovviste di acqua corrente e di servizi igienici. Ci avete messo qualche secolo a crearvi una qualità di vita eccellente e ora questi buffi personaggi vorrebbero farvi ritornare a quando avevate aspettative di vita di 50 anni e una mortalità del 40% nei bambini da zero a cinque anni...".

Non me lo dica, io mi ci scontro un giorno sì e l'altro pure con questi nostalgici della vita simil-cavernicola. 

"E sa la cosa più strana qual è?"

Quale?

"Che sono gli stessi che per decenni hanno impedito la realizzazione di ogni invaso artificiale che oggi potrebbe mitigare la vostra condizione. Avete valli ovunque, col territorio montuoso che vi ritrovate in Italia. Potreste avere miliardi di metri cubi stoccati fra i monti, pronti a essere utilizzati nei mesi caldi, ma no: basta la parola 'diga' e scoppia il finimondo. Poi come soluzione propongono di non cambiarsi le mutande. Non La fa ridere?".

No, per niente. Circa gli invasi, invece, con me sfonda una porta aperta. Sono anch'io del partito per il quale alla siccità estiva bisogna pensarci quando piove. E da noi è normale avere mesi di grande piovosità (spesso troppa) alternati a mesi asciutti. Però non credo che ne bastino pochi, di invasi, per compensare i fenomeni siccitosi attuali.

"Ovvio che no. Sa quanti invasi come quello, che so, del passo Fedaia di vorrebbero per mettere insieme un volume come quello del Lago Maggiore?"

No, quanti?

"Per fare i 37 miliardi di metri cubi del Lago Maggiore ci vorrebbero circa 2.200 invasi come quello del Fedaia. Tanti, in effetti. Ma il concetto stesso di tanti o pochi ha senso pressoché nullo, poiché dipende dai tempi di realizzazione e dagli investimenti che siete disposti a sostenere".

Per un simile numero di invasi si dovrebbe pianificare una serie di opere pubbliche spalmate su almeno 50 anni, con uno sforzo economico immane. Superiore persino ai benefici che otterremmo in agricoltura disponendo di molta acqua in più.

"Perché, Lei sul breve vede solo i benefici per l'agricoltura? Guardi, di benefici ce ne sarebbero molti di più. Innanzitutto, il Suo discorso economico può valere se si pensa ai danni attuali, che oggi gravano su una porzione relativamente limitata delle produzioni. Ma il clima è già diverso oggi rispetto a 50 anni fa. Lei fra 50 anni non ci sarà più, ma io sì. E sarò molto più frequente e cattiva di adesso, visti i trend termici mondiali. Non mi limiterò cioè a far perdere il 10 o il 20% dei raccolti ogni 10-12 anni. Forse ne falcidierò il 50-60% ogni 3-4. Per alcune colture potrei seccarne anche di più. Nessuna forma di agricoltura può reggere economicamente a una serie così ravvicinata di disastri, quindi il rischio è che tutti vadano falliti e che di agricoltura, di botto, restiate proprio senza. Se Lei fosse lì, la penserebbe ancora allo stesso modo?"

No, in effetti, guardando a cosa potrebbe succedere fra 50 anni, il mero conto della serva attuale appare anche a me poco razionale. 

"Appunto. Inoltre, nel medio periodo ci sono anche valori extra economici. Se i costi di 2.200 invasi in 50 anni vi sembrano troppo elevati, cosa penserete quando a causa mia resterete senza grano, senza riso, senza mais, senza soia... e dovrete importare magari tre quarti del vostro fabbisogno alimentare da altri Paesi? Paesi che a loro volta potrebbero essere loro stessi a corto e non riuscire a mandarvi cibo neanche volendo, per giunta a prezzi folli, da borsa nera. Perché io mica guardo in faccia a nessuno: faccio danni un po' ovunque nel mondo e ne farò sempre di più. In altre parole, potreste trovarvi in una situazione di vera carestia, di quelle brutte. E allora i costi degli invasi credo vi sembrerebbero del tutto abbordabili, o no?".

Eh sì, direi. E poi, credo che nel discorso rientrino anche altre variabili extra agricole. Mica c'è solo l'irrigazione.

"Certo. Dove sta scritto per esempio che da un invaso l'acqua debba scendere solo per irrigare i campi? Volete proibire le macchine diesel e benzina entro il 2035, convertendo tutto il parco macchine a elettrico. Ok, ma l'energia come pensate di produrla? Solo coi pannelli o con le pale eoliche, osteggiate per giunta più o meno dalle stesse persone che avversano le dighe? Ma se è bastato accendere i condizionatori a generare blackout nelle grandi città... Ma state scherzando? A voi di energia ne servirà un monte e l'idroelettrico è una delle fonti più sostenibili e affidabili. Pensateci bene prima di farlo cadere nel dimenticatoio".

No, guardi, stesse a me ci staremmo investendo da almeno trent'anni. Quindi: irrigazione più energia. E già qui il bilancio costi/benefici sembra molto più roseo. Altro?

"Altro? Quanti miliardi dovrete spendere nei prossimi 50 anni per riparare i danni fatti da frane ed esondazioni varie? Ora, non si può certo pensare che con le dighe tali eventi si possano eliminare del tutto, ma di sicuro la captazione delle acque in eccesso nei mesi piovosi potrebbe limitare il numero degli eventi e la gravità dei medesimi. Sa come si dice no? Piutòst che niènt l'è mei piutòst".

E anche queste sono voci economiche tutt'altro che insignificanti. Ma come la mettiamo con la biocenosi dei torrenti? Regimare le acque potrebbe avere un impatto sugli equilibri naturali dei corsi d'acqua.

"Certo, ma dovete accettare il fatto che ormai l'ambiente in cui vivete è fortemente antropizzato, quindi dovete anche prendervi la responsabilità di gestirlo. Inoltre, secondo Lei, i fiumi e i torrenti attualmente secchi godono di chissà quale biocenosi? Anche la siccità estrema ha un impatto gravissimo sugli equilibri naturali di un ambiente previsto acquatico. Quindi, se non è zuppa è pan bagnato. O accettate di causare voi qualche disturbo a tali equilibri, pur di compensarne altri, oppure ci penserò direttamente io a fare da livella. E ci sono tutti i presupposti perché i risultati possano anche essere ben peggiori degli attuali". 

Quindi, questi sarebbero i suoi consigli? Guardare di qui a 50 anni?

"Certo. Io sono eterna. Per me 50 anni sono un battito di ciglia. Le chiudo, le riapro e in un attimo sono già lì, a creare scenari al confronto dei quali le siccità odierne vi sembrerebbero un'innocua burla. Anche se smetteste di emettere gas serra oggi, le temperature continuerebbero infatti a salire ancora per decenni. E a me pare che le vostre emissioni stiano pure continuando a crescere, un po' per l'aumento della popolazione e per lo sviluppo dell'economia globale, un po' per gli ostruzionismi energetici dei 'no-mutande'".

Sì, conosco bene l'irrazionale trend per cui si chiede meno emissioni salvo poi usare più carbone e più metano, come sta accadendo in Germania. 

"E badi, Le do anche un altro consiglio. Ora avreste disponibile un grano, il BH4, che è stato reso più tollerante alla siccità tramite una modifica genetica artificiale. Grazie al genome editing potreste infatti coltivare piante molto meno esigenti quanto a irrigazione. Ma niente: i 'no-sciacquone' sono contrari pure a quelle...".

Ah, ma allora lo dica che mi vuole dare il tormento! 

"Beh sì, del resto sono una bella carogna no? E voi umani siete così buffi e irrazionali che per me è un vero spasso prendervi per il naso. Ma ora La lascio. Ci sono ancora un po' di fiumi da prosciugare e qualche campo coltivato da seccare. Un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo".

E il problema, purtroppo, è che i mandanti di siffatta "carogna" siamo in buona parte noi stessi. Sia creando il problema, con le nostre inarrestabili emissioni e la nostra rincorsa verso illusorie soluzioni, sia facendo di tutto per impedire le contromisure più efficaci. Una buona cosa però la Siccità l'ha detta: io fra 50 anni non ci sarò più e non potrò vedere cosa succederà.

Magra consolazione, ma, come già detto, piutòst che niènt l'è mei piutòst.

Fonte: https://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2022/06/28/la-parola-alla-siccita/75443



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