Intelligence: sapere per tutti

Pubblicato: 10/12/2021
Intelligence: sapere per tutti

In un’epoca caratterizzata dalla globalizzazione dove il cyberspazio gareggia con l’intelligenza artificiale per proiettare persone e processi a prova del futuro, dove in uno scenario di geopolitica internazionale gli Stati sempre più fragili cedono il passo alle multinazionali del potere economico, parlare di Intelligence quale sapere per tutti è ancora attuale?

Se l’Intelligence è la capacità di selezionare le informazioni utili per assumere importanti decisioni nel proprio e nell’interesse generale, se interlegere, per usare un termine latino, significa collegare, tenere insieme, non si può non concludere che l’intelligence è, ancora, la più alta forma di intelligenza umana che aiuta ad andare al di là delle apparenze.

Di Intelligence ne abbiamo parlato con il prof. Mario Caligiuri, direttore dell’XI edizione del Master in Intelligence attivo presso l’Università della Calabria.

Riprendendo le parole di Bill Gates per cui il successo o il fallimento di uno Stato piuttosto che di un qualsiasi essere vivente dipendono dalla modalità con cui si raccolgono, gestiscono e utilizzano le informazioni, in un processo di intelligence questi non può che concretizzarsi in una necessità sociale in cui, come afferma il prof. Caligiuri nel suo intervento sui lineamenti dell’Intelligence come scienza nuova, "ogni essere si serve delle informazioni per la sopravvivenza e per fronteggiare le delicate questioni della sicurezza per un verso e della disinformazione per l’altro. Disinformazione altamente pericolosa per le democrazie degli Stati deboli in quanto altera, all’ennesima potenza, la percezione della realtà riconducendo le persone a condizionabili consumatori e docili elettori. E’ questo il grosso rischio che si corre quando la mole delle informazioni raccolte non è accuratamente analizzata tanto nell’origine e nell’attendibilità della fonte quanto nella qualità delle stesse", continua il direttore. "Un eccesso di informazioni contro un basso livello di istruzione sostanziale che non si contestualizza in un’estensione temporale e spaziale, rischia il fallimento dell’intelligence, di quel processo decisionale che non risponderebbe ad alcun bisogno informativo.

L’origine dell’intelligence è risalente nel tempo", spiega il Caligiuri; "l’Intelligence che noi attualmente conosciamo quale apparati dello Stato, i servizi segreti per intenderci, nascono nel mondo anglosassone con Elisabetta I con lo scopo precipuo di raccolta delle informazioni.

Militari, uomini addestrati al depistaggio per confondere il nemico anche attraverso le false informazioni e dunque a fare disinformazione, spie capaci di anticipare le mosse del nemico nell’arte della guerra per dirla con Sun Tzu, domineranno le scene delle due grandi guerre.

Ma è proprio durante la guerra fredda, la guerra delle spie ossia tra la fine della 2° guerra mondiale – 1945 e l’abbattimento del muro di Berlino – 1989, che l’Intelligence dal fronte politico-ideologico si sposta su quello economico fino, almeno, all’11 settembre del 2001 anno dell’attacco alle Torri Gemelle.

Ma la data più significativa", continua il professore, "la si potrebbe identificare nel 7 gennaio del 2015, giorno dell’attentato terroristico alla rivista scientifica Charlie Hebdo di Parigi.

Sarà la svolta culturale dell’Intelligence che da potere invisibile, lato oscuro, 5° colonna dello Stato diventa struttura fondamentale per stabilizzare e difendere le Istituzioni democratiche ed i loro i rispettivi cittadini.

L’Intelligence, quindi", conclude il direttore, "come strumento di assunzione preventiva delle informazioni per interpretare possibili scenari presenti nell’ottica di anticipare possibili scenari futuri.

Un sapere per tutti per difendersi dalla disinformazione al fine del conseguimento dell’interesse personale e generale e per i governanti degli Stati per tutelare il benessere e la sicurezza dei propri cittadini".

Dr.ssa Mariagrazia MAZZARACO



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