Le radici ideologiche del jihadismo: lo stravolgimento delle parole

Pubblicato: 19/08/2024

“La cultura dell’altro. Conoscere gli Islam” è il tema della lezione tenuta da Francesco Alfonso Leccese, professore del dipartimento di Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria, al Master in Intelligence dello stesso Ateneo, diretto da Mario Caligiuri

Le radici ideologiche del jihadismo: lo stravolgimento delle parole

Leccese ha esordito inquadrando il mondo musulmano in un contesto geopolitico, evidenziandone la necessaria correlazione con la storia e la geografia.

Si è soffermato sulla suddivisone delle due principali confessioni dell’islam: quella maggioritaria dei sunniti, e quella minoritaria degli sciiti, presente in diversi paesi islamici ma che nell’area dell’Iraq e dell’Iran è predominante. È stato evidenziato quanto questa distinzione sia importante, anche se tuttavia non rappresenti un fattore determinante per la politica contemporanea.

Il docente ha analizzato alcune parole chiave del contesto: prima fra tutte “islamismo”, inteso non come religione, bensì come ideologia moderna le cui fondamenta sono di natura politica.

L’obiettivo è l’instaurazione di un sistema islamico per governare lo stato e la società. Si è parlato, quindi, dei movimenti islamisti, che sono organizzazioni sociali e politiche a sostegno di tale ideologia.

Un ulteriore termine analizzato è la parola “salafismo” – dall’arabo al-salafiyya – necessaria per comprendere la base dei movimenti islamisti. I salafiti, difatti, fanno riferimento a un’età dell’oro, identificata nell’epoca di Maometto e dei suoi successori dei primi decenni: è l’età che chiamano “dei pii antenati”. Molti autori definiscono questa idea un’utopia retrospettiva, per il suo riferimento al passato e non al futuro. Un futuro – sottolinea – che presenta un’accezione negativa, dalla quale deriva un’ideologia letteralista e puritana che combatte ogni forma di innovazione.

Sono state fornite le parole che nella lingua araba definiscono l’islamismo, ossia: movimento islamista, che fa capire la loro forma di base sociale; corrente islamista e risveglio islamico, in riferimento a una visione dell’evoluzione storica che ha causato un arretramento degli ideali islamici.

È stato affrontato il tema dell’islam politico, inteso come azione che tende alla riforma dello stato e della società, attraverso la convinzione che l’instaurazione di uno stato islamico sia necessaria per il benessere della comunità musulmana.

Il professore si è soffermato sull’interpretazione dell’islam politico come reinvenzione della tradizione in senso religioso e di chi si possa interpretare la “shari‘a”, vale a dire la Legge di Dio.

Sono stati quindi delineati quattro elementi principali dell’islamismo: il processo di deculturazione, dunque un islam che non tiene conto degli sviluppi storici; il tema dell’identità islamica, ossia l’islam non più inteso come religione ma piuttosto come sistema totalitario; il processo di reinvenzione della tradizione, attraverso un uso selettivo delle fonti ed infine la reificazione dell’islam, segnato dal passaggio dalla parola “musulmano” (colui che si sottomette a Dio) a “islamista” (colui che segue l’Islam).

È stata evidenziata, altresì, una caratteristica fondamentale del sistema islamico, ossia la sua dimensione totalitaria (shamil), che oltrepassa la semplice sfera religiosa e si estrinseca nello slogan politico secondo cui “l’islam è sia religione che stato” (al-islam din wa dawla).

In questo quadro è stato presentato il caso dei Fratelli Musulmani, movimento fondato nel 1928 da Hasan Al-Banna (1906-1949), mettendo in luce proprio la natura identitaria di tale associazione, che nell’ottica del suo fondatore rappresentava “una via tradizionale, una realtà sufi, un’entità politica, un gruppo sportivo, una lega scientifica e culturale, un'impresa economica, una dottrina sociale”.

L’attenzione si è spostata successivamente alla dottrina del Salafismo, definita innanzitutto dalla concezione negativa del tempo e da una teologia basata su un atteggiamento antioccidentale.

Leccese, per evidenziare i tratti salienti, ha ripercorso lo stravolgimento del significato del lessico tradizionale.

I salafiti considerano come antesignano del loro pensiero il medievale Ahmad Ibn Taymiyya (1263-1328), il primo a sostenere la legittimità di un jihad contro altri musulmani, nello specifico i mongoli che nella sua ottica non si erano conformati alle norme giuridiche islamiche.

Dopo aver classificato i salafiti contemporanei in tre tipologie esemplificative (letteralisti-quietisti, riformisti e jihadisti), il docente ha illustrato il credo salafita, che si basa su quattro pilastri: i salafiti sono i veri musulmani (solo loro possono interpretare la religione); il tema della lealtà nei confronti degli altri salafiti e l’ostilità rivolta a tutti gli altri “falsi musulmani”; l’imposizione della legge islamica nello spazio pubblico e infine l’idea che la sovranità appartiene soltanto a Dio (da cui l’idea che lo stato debba essere regolato dala shari‘a).

Leccese ha concluso evidenziando alcuni elementi fondativi dell’ideologia dello “Stato Islamico”, comunemente noto come ISIS. Il ricorso ai foreign fighters (con la polarizzazione tra dar al-islam e dar al-harb), l’imposizione della morale islamica, l’applicazione delle pene capitali, l’utilizzo dei media e il jihad totale sono tutti elementi caratteristici di una ideologia salafita all’apice della sua radicalizzazione. 

La Redazione



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