Vent'anni dopo cosa è cambiato?

Pubblicato: 01/09/2021
Vent'anni dopo cosa è cambiato?

Cosa succede in Afghanistan dopo vent’anni di lotte e con il rientro dei Talebani al potere?

Nulla! Nulla è cambiato se non che sono stati spesi miliardi e miliardi di dollari e si è ritornati al passato, illudendo un popolo. Ma ciò che più ci si chiede: perché mai l’occidente europeo si china sempre ai voleri degli USA? Iraq, Libia, Siria, Afghanistan ecc.…ecc.… sono l’esempio degli errori di chi si pone come “custode della democrazia mondiale” ed invece fa danni non indifferenti permettendo poi ai paesi con cui non sembra avere buoni rapporti di subentrare allo sfascio compiuti, vedi Russia, Cina, Pakistan e l’Iran che – ad esempio - ha ricominciato ad esportare prodotti petroliferi in Afghanistan, a seguito di una richiesta dei talebani.

Secondo un funzionario iraniano all’agenzia di stampa Reuters, il nuovo governo di Teheran incrementerà la cooperazione con l’autoproclamato Emirato Islamico afghano.

La notizia della ripresa dell’export verso l’Afghanistan è stata resa nota il 23 agosto. “I talebani hanno inviato messaggi all’Iran chiedendo di continuare con le esportazioni di prodotti petroliferi”, secondo Hamid Hosseini, membro del Consiglio di Amministrazione e portavoce dell’Unione degli Esportatori di Petrolio, Gas e Prodotti Petrolchimici dell’Iran, con base a Teheran.

I talebani hanno comunicato la richiesta ai commercianti ed alla Camera di Commercio iraniana, che ha stretti legami con il governo. Di conseguenza, l’Amministrazione Doganale della Repubblica Islamica dell’Iran (IRICA), che fa parte del governo, ha revocato il divieto di esportazione di carburante in Afghanistan, che era stato imposto dal 6 agosto, a causa delle preoccupazioni dell’Iran sulla sicurezza degli scambi commerciali verso il Paese, sconvolto dagli scontri sul campo.

Secondo Hosseini, oggi queste preoccupazioni sono diminuite grazie all’atteggiamento dei talebani. La fonte ha anche citato la decisione del gruppo di diminuire le tariffe del 70% sulle importazioni di carburante (benzina, gasolio e GPL) dall’Iran e da altri Paesi vicini e ha condiviso con Reuters un documento ufficiale rilasciato dall’Emirato Islamico dell’Afghanistan, il nome con cui i talebani si identificano.

La svolta arriva dopo che il prezzo della benzina in Afghanistan ha raggiunto i 900 dollari a tonnellata, a causa dell’attuale situazione nel Paese, dove parte della popolazione è in fuga poiché teme rappresaglie ed il ritorno ad una rigida interpretazione della legge islamica, già imposta dai talebani quando erano al potere 20 anni fa, cosa che pare essere ripresa; da qui la fuga di centinaia di migliaia di afgani.

Per Hosseini, il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, e dalla regione in generale, ha reso i leader di Teheran e Kabul meno nervosi nel trattare più apertamente. Infatti “il governo di Ashraf Ghani (l’uomo o secondo taluni il fantoccio messo su dagli Stati Uniti d’America) ha sempre cercato di limitare la cooperazione con l’Iran poiché questo era soggetto alle sanzioni statunitensi”, ha sottolineato Hosseini. Ma il punto è: come si muoveranno anche Russia e Cina - quest’ultima pare abbia già stanziato 63 milioni di dollari per la ripresa delle attività -, dopo il ritiro degli americani?

Ma il problema principale è un altro: i “diritti dell’uomo” ed in particolare delle donne.

Le dichiarazioni dei talebani di far rimanere per ora le donne a casa, arrivano dopo che, lo stesso 24 agosto, l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, aveva dichiarato che i diritti delle donne sono una “linea rossa fondamentale”.

La rappresentante dell’ONU aveva quindi invitato i talebani afghani a rispettare i diritti di tutti i cittadini avvertendo che il trattamento di donne e ragazze è una “linea rossa fondamentale” pertanto non dovrebbe essere attraversata. Ci sono state esecuzioni di massa di civili ed ex membri delle forze di sicurezza afghane.

Bachelet ha anche affermato che “la libertà di movimento delle donne è stata limitata in alcune regioni e che alcune ragazze non possono più andare a scuola. Le proteste pacifiche vengono soppresse e i minori vengono portati nelle forze armate. I rapporti sono credibili, ha sottolineato. Ci sono gravi rischi per le donne, i giornalisti e la nuova generazione di figure di spicco della società civile emerse negli ultimi anni”, ha affermato Bachelet. “Anche le diverse minoranze etniche e religiose dell’Afghanistan sono a rischio di violenza e repressione, visti i modelli passati di gravi violazioni dei diritti umani sotto il dominio dei talebani e le segnalazioni di uccisioni e attacchi mirati negli ultimi mesi”.

Anita Ramasastry, presidente del Comitato di Coordinamento delle Procedure Speciali delle Nazioni Unite, ha sottolineato che le donne, le ragazze e molti sfollati interni corrono gravi rischi in Afghanistan. “Molte di queste persone si nascondono mentre i talebani continuano a perquisire le case porta a porta”, ha dichiarato la rappresentante dell’ONU, “e ci sono serie preoccupazioni che sia in atto una raccolta di informazioni che possa portarli a essere presi di mira”.

Secondo le Nazioni Unite, sono già state segnalate perquisizioni, arresti, vessazioni e intimidazioni, oltre a sequestri di proprietà. Shaharzad Akbar, presidente della Commissione Indipendente per i Diritti Umani dell’Afghanistan, ha definito la bozza di risoluzione della sessione di emergenza delle Nazioni Unite una “parodia” che non potrà difendere le persone a rischio nel Paese. “Abbiamo documentato che l’avanzata dei talebani è stata affiancata da esecuzioni sommarie, sparizioni, restrizioni sulle donne, sui media e sulla vita culturale. Questa non è storia antica. Questo è all’inizio di questo mese, e questo è oggi”, ha dichiarato.

“Alle università è stato chiesto di discutere le possibilità di segregazione di genere, le donne devono essere accompagnate dai membri maschi della loro famiglia in pubblico, i media non trasmettono musica, i giornalisti e gli attivisti si nascondono o fuggono (sic), gli ex membri delle forze di sicurezza nazionale hanno paura del peggio, le esecuzioni sommarie, le perquisizioni casa per casa e la raccolta di informazioni hanno portato a una paura diffusa”, ha aggiunto.

Durante i primi anni del governo talebano, dal 1996 al 2001, alle donne era proibito lavorare fuori casa o anche uscire di casa senza un tutore maschio. Non potevano frequentare le scuole e le università e venivano punite con la fustigazione pubblica se si scoprivano violazioni delle “regole della moralità”, come quella che richiedeva che fossero completamente coperte.

Il 18 agosto, tre giorni dopo la conquista della capitale Kabul da parte dei talebani, in alcune zone della città con una presenza talebana minima, le donne stavano uscendo “con vestiti normali, come era prima dei talebani”, secondo quanto ha riferito un residente di nome Shabaka al New York Times.

Ma nelle aree centrali della capitale, in cui si concentrano i combattenti talebani, poche donne si sono avventurate in pubblico e quelle che lo hanno fatto indossavano il burqa, secondo quanto riferito alla testata statunitense da Sayed, un funzionario pubblico, nonostante i talebani avessero continuato a lanciare messaggi di apertura alle donne, che erano state invitate ad unirsi al governo.

In un’intervista con la Televisione Nazionale dell’Afghanistan, Samangani aveva dichiarato: “L’emirato islamico non vuole che le donne siano vittime” e aveva aggiunto che queste dovrebbero far parte della struttura del governo, “in base a quanto previsto dalla legge della Sharia”.

Samangani aveva poi aggiunto che, al momento, non era del tutto chiaro quale sarebbe stata la struttura governativa afghana ma “in base all’esperienza, dovrebbe esserci una leadership totalmente islamica e tutte le parti dovrebbero unirsi”.

Il rappresentante dei talebani aveva poi aggiunto: “La nostra popolazione è musulmana e non siamo qui a forzarli verso l’Islam”.

Il punto fondamentale è: ci si può fidare di chi aveva l’ordine di non entrare nella capitale Kabul il giorno di Ferragosto ed invece ha fatto l’ingresso occupando i palazzi governativi e non solo? Si può pensare di fidarsi di chi ha ripreso a giustiziare in altre città conquistate chi era contro di loro ed il loro modus operandi?

Ma un altro grande problema sono e saranno i profughi afghani: dove andranno, quanti saranno e dove li collocheranno? Per ora solo tante parole e pochi fatti concreti. 

Don Pierluigi VIGNOLA

Parroco-missionario della

Missione Cattolica Italiana "Madonna di Loreto" Amburgo



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