Prodotti vegani: alternative o semplicemente scelte alimentari?

Pubblicato: 15/10/2021
Prodotti vegani: alternative o semplicemente scelte alimentari?

Affrontare la questione delle scelte alimentari senza ledere la sensibilità delle parti interessate è sempre ostico. Vuoi perché tali scelte rappresentano in molti casi delle vere e proprie filosofie di vita, vuoi perché spesso ciascuna delle parti è convinta di essere depositaria della verità. Pur studiando la materia da oltre vent’anni, non ritengo personalmente di avere la verità in tasca e, anche per questo, preferisco affrontare tali discorsi con approccio scientifico: documentandomi, analizzando dati, ascoltando le motivazioni che portano ad assumere diverse posizioni.

Secondo recenti dati Eurispes, in Italia l’8,2% della popolazione, quasi 1 persona su 10, è vegetariana o vegana e 3 italiani su 10 fanno questa scelta persuasi del fatto che questi prodotti sono nettamente migliori dal punto di vista salutistico.

È realmente così? È evidente che la gran parte degli studi scientifici confermano che gli alimenti di origine vegetale sono alla base di qualsiasi piramide alimentare legata a modelli alimentari salutistici. In effetti la questione da dirimere non è questa, ma riguarda piuttosto la corretta conoscenza dei prodotti presenti sul mercato vegano e commercializzati come innegabilmente salutari.

Da un’indagine realizzata in Francia già nel 2017 è purtroppo emerso che molti prodotti vegani contengono maggiori quantità di zuccheri e minori quantità di proteine rispetto ai corrispettivi prodotti tradizionali (burger, cotolette, nuggets, ecc.) ma soprattutto maggiori quantità di additivi; queste procedure di produzione sono legate alla necessità di migliorare le caratteristiche organolettiche e la stabilizzazione dei prodotti.

A rafforzare tali dubbi, il riscontro di recenti indagini alimentari che avrebbero confrontato un certo numero di burger di soia e di carne bovina presenti sul mercato.

Va innanzitutto osservato che la maggior parte dei burger vegani in commercio contengono decisamente più ingredienti rispetto ai loro “cugini” bovini; pertanto, il livello di processazione dei primi è decisamente più alto dei secondi.

A tal proposito ricordo ai lettori che in base alla classificazione "Nova", che pone l’attenzione sulla lavorazione e sulla trasformazione del cibo, gli alimenti sono suddivisi in base ai processi fisici, chimici e biologici che gli stessi subiscono una volta separati dalla natura e prima che siano consumati o utilizzati nella preparazione di piatti e pasti.

Da queste osservazioni emergerebbe che almeno la metà delle calorie fornite da un hamburger di carne derivi da fonti proteiche poiché il contenuto di proteine sarebbe pari a 20,5 g/100 gr. mentre i grassi sarebbero contenuti in una quantità media di 7 g/100 gr. di prodotto.  Nei burger vegetali sarebbero invece presenti quantità di proteine, grassi e carboidrati simili tra loro ed oltre la metà dell’energia totale sarebbe fornita dai grassi; un rapporto del tutto errato rispetto alle necessità nutrizionali dell’organismo.

Dalle stesse indagini emergerebbe inoltre che gli hamburger tradizionali rispetto alle loro alternative vegetali contengono sale in quantità minore e gli zuccheri aggiunti sarebbero del tutto assenti.

Pur auspicando che i dati commentati non siano quelli di tutti i prodotti commerciali a nostra disposizione, basandosi su tali dati risulta piuttosto evidente che, se intendiamo per alternativa un prodotto con caratteristiche nutrizionali simili, i burger vegetali non sempre possono essere considerati una valida alternativa ai burger di carne.

Resta valida un’affermazione che ripeto spesso: conoscere il prodotto attraverso l’etichetta nutrizionale è la più grande arma di cui il consumatore disponga per migliorare le proprie scelte nutrizionali. 

Dott. Francesco DE SANTIS 

Biologo Nutrizionista



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