Psicologia e alimentazione: dalla maturazione fetale alla fase di allattamento

Pubblicato: 01/02/2021
Psicologia e alimentazione: dalla maturazione fetale alla fase di allattamento

Quello tra psicologia ed alimentazione è un rapporto antico che origina già nella vita fetale. È risaputo che tra l' undicesima e la tredicesima settimana di gestazione, il feto metta in atto un comportamento innato di sopravvivenza che è quello di succhiarsi il pollice; così facendo egli assolve a due funzioni essenziali: la prima, con la quale si assicura lo sviluppo dei muscoli che gli consentiranno di succhiare il latte appena nato, preservandosi, dunque, la sopravvivenza; la seconda, riguarda l’accesso ai propri stati interni.

 

La suzione si qualifica, di fatto, come uno dei primi atti volti al riconoscimento di sé. La corretta successione dei comportamenti correlati al cibo che pian piano il feto prima e il neonato dopo metteranno in atto, è resa possibile dalla percezione e dal continuo perfezionarsi del riconoscimento dei propri stati interni mano a mano che essi si differenzieranno.

Tali stati interni saranno sia di natura propriocettiva, relativi, dunque, al senso di fame, di sazietà, di sonno, sia di natura emotiva, relativi cioè al senso di dolore, di paura, di rabbia, di disgusto; questi aspetti che sembrano differenziarsi l’uno dall’altro, sono, in realtà, interconnessi e pertanto, si sviluppano in uno stretto rapporto di reciprocità relazionale; ecco, dunque, che psicologia e alimentazione, costruiscono il proprio legame relazionale interdipendente (De Pascale, 2009).

 

Questa premessa si rende utile per porre l’accento sui diversi aspetti dell’alimentazione. Generalmente, soprattutto in età pediatrica, l’interesse degli adulti è rivolto agli aspetti nutrizionali ed, in particolare, agli effetti derivanti da specifiche abitudini alimentari in conseguenza a forme di patologia già acclarata che possono riguardare il sottopeso, il sovrappeso, le reazioni avverse al cibo, la selettività alimentare, i deficit di accrescimento per fare qualche esempio; raramente, l’attenzione è posta sulla funzione alimentare soprattutto se all’interno di essa non si ricava uno spazio per la dimensione psicologica.

 

Provando a scendere più nel particolare occorre precisare che con il termine alimentazione si intende l’insieme dei comportamenti che rappresentano la base del sistema di sostentamento, che rimanda, dunque, ai meccanismi di assunzione di cibo. Con il termine nutrizione, si rimanda al modo in cui i nutrienti contenuti negli alimenti vengono utilizzati. In un’ottica evolutiva sistemica, questi due aspetti non sono sufficienti a spiegare la genesi di eventuali patologie dell’alimentazione e della nutrizione poiché manca un fattore che assume un ruolo fondamentale e che riguarda proprio lo sviluppo psicologico.

 

Non è un caso, di fatto, che alla fine degli anni ‘80 l’American Academy of Pedriatics definiva la complessità dello sviluppo delle abilità alimentari in quanto dipendente, da una parte, dalla maturazione motoria, emozionale, e sociale del bambino, dall’altra, dal temperamento e dalle relazioni che il bambino sviluppava con gli altri membri della sua famiglia (AAP, 1988).

 

A conferma di ciò, il fatto che fin dal primo anno di vita, sia nella fase di allattamento che nel percorso di svezzamento, il bambino è in grado di attivare meccanismi di interazione con l’Altro da sé e di gestire queste prime importantissime forme relazionali all’interno delle quali la sintonia con il cargiver (la figura di riferimento adulta) diventa essenziale per l’intero processo evolutivo psico-relazionale della diade.

 

Dr.ssa Ezia MAZZARACO



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