Il cibo inizia con un seme

Pubblicato: 01/02/2021
Il cibo inizia con un seme

In questo anno, a causa delle restrizioni causate dalla pandemia, abbiamo riscoperto il nostro territorio, ci siamo, forse per la prima volta, concentrati sulla bellezza di quello che ci circonda. Abbiamo rivalutato i percorsi a piedi delle nostre regioni, anche semplicemente passeggiando all’interno dei parchi dei nostri comuni, guardando la nostra splendida Italia con gli occhi di un “turista curioso”. Dopo tanto tempo abbiamo riscoperto la bellezza della natura, dando un nuovo valore ai prodotti del nostro territorio, assaporando nuovamente il profumo del verde che ci circonda.

La natura durante questo nostro lockdown ha recuperato i suoi spazi, gli animali si sono di nuovo avvicinati alla città senza essere impauriti dai rumori del traffico, i nostri boschi hanno “respirato” dimostrandoci che noi siamo semplicemente degli ospiti chiassosi e maleducati. Guardando queste immagini, quanti di noi si sono chiesti com’era il nostro territorio negli anni passati, quante trasformazioni, anche semplicemente 50 anni fa, quali piante, quali alberi e quali frutti crescevano nella nostra zona, la curiosità di conoscere il profumo delle campagne dei nostri nonni o il profumo delle cucine delle nostre bisnonne, il sapore della frutta che mangiavano…

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il dott. Francesco MINONNE, biologo, autore di numerosi libri sulle varietà frutticole tradizionali e sulla biodiversità profondo conoscitore e “raccoglitore” di semi di varietà antiche.

Cosa si intende per "varietà antica"?

In realtà non è facile definire l'antichità delle varietà in quanto l'aggettivo antico è certamente relativo e neanche il termine autoctono è sufficiente a dare una idea coerente della questione. Un Decreto Mi.P.A.F. del 18/04/2008 definisce le varietà da conservazione come entità presenti da almeno 50 anni ed integrate nell'agroecosistema di un determinato territorio, altre normative importanti definiscono in qualche modo i termini più vicini al concetto di varietà antica. A me piace però la definizione di Varietà Tradizionali, quella data da Angelini, 2004: ...quelle che nel tempo e nel passaggio tra le generazioni sono coltivate in un luogo con continuità ed in quel luogo sono note con almeno un nome proprio.

Perché questa passione nella ricerca dei frutti e nelle specie autoctone?

Penso alla passione come un seme dentro di noi, una specie di impronta vitale che si sviluppa nei primi anni di vita ma che poi bisogna trovare il posto, il tempo per seminarla. Ho concepito questo seme su di un albero di fico, tra le pause della lavorazione del tabacco, quando mio padre mandava me ed i miei fratelli a fare "nu giru alle fiche". Un grande albero con la corteccia grigia e la maestosità di un elefante, una specie di Patriarca di famiglia dove avveniva tutta la nostra vita estiva. Ho trovato il luogo in cui, molti anni dopo nasceva l’orto botanico dell'Università del Salento. Da qui ne è nata una ricerca sul fico e sui frutti tradizionali portandomi in giro per la Puglia ma anche in altri luoghi del Mediterraneo come il sud della Francia, l’Albania, le isole maltesi alla ricerca di questa incredibile biodiversità.

C'è una pianta o un frutto a cui è maggiormente legato?

Il fico albanegra, noto anche con il nome di casciteddha è quello da cui è cominciato tutto questo percorso ma, nel tempo si sono avvicendate dentro di me tante storie di frutti e di persone che oggi diventa difficile rispondere alla domanda. Mi piace pensare al quel fico per nostalgia e ad un pero per concretezza del presente. Questo pero si chiama "Principessa", vera fusione di bellezza e rusticità che oggi custodisco e coltivo nel mio campo collezione di frutti tradizionali.

L'utilizzo e la coltivazione di specie autoctone "antiche" come può influire sul nostro territorio (es. minor richiesta idrica, o meno trattamenti...)?

La valorizzazione delle varietà tradizionali è una strategia necessaria da tempo ma ancor più adesso diventa fondamentale disporre di un patrimonio genetico ampio per affrontare la sfida ecologica in campo agrario e attutire gli effetti dei cambiamenti climatici. Nella grande riserva di piante tradizionali abbiamo molte probabilità di trovare entità resistenti a patologie o certamente più rustiche e meno esigenti in termini di acqua ed input chimici. Si tratta di compiere una seconda scelta, recuperare gli "scarti" e vedere tra questi quello che torna utile, oggi, adesso, senza rincorrere la nostalgia ma cercando il nuovo dentro una storia messa da parte solo per omologazione dei mercati alimentari. Ho tanti esempi di varietà frutticole che oggi sarebbero apprezzatissime se solo ce ne fosse sugli scaffali dei fruttivendoli.

Le parole del dott. MINONNE sono per me fonte di ispirazione, ci dimostrano ancora una volta lo stretto legame tra sfida ecologica e scelta alimentare. Il cibo che portiamo in tavola inizia con un seme, si può essere “innovatori” anche semplicemente scegliendo di nutrirsi con cibo biologico, con cibo coltivato localmente per la nostra salute e per la sopravvivenza di piccole colture territoriali e di piccole realtà produttive locali.

Da pasticcera ci tengo a regalarvi una ricetta semplice da fare per riscoprire antichi profumi, riscaldare il cuore in questi grigi pomeriggi invernali.

Torta nera di pere e mandorle  

Ingredienti:

200 gr di farina di mandorle

100 gr di zucchero di canna integrale

1 bicchiere di olio di mais

100 gr di cacao amaro

1 banana

3 pere

300 ml di latte di mandorle

1 cucchiaino di cannella in polvere

1 bustina di lievito per dolci

Sbucciate le pere, togliendo i semi, e tagliatele a fettine. Unite in una ciotola tutti gli ingredienti secchi: farina, lievito, cacao e zucchero. Aggiungete lentamente il latte vegetale e l’olio. Frullate le banane e aggiungetele al composto. Dovrà risultare liscio e senza grumi. Dividete ora l’impasto in due parti: versate la prima metà in una tortiera dal diametro di circa 22cm foderata con carta da forno, quindi coprite con le fettine di pera e cospargete con la cannella. Coprite tutto con il resto dell’impasto.

Infornate forno ventilato per circa 30 min a 170°C

Chef Agnese CIMINO



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