Il sole nel barattolo

Pubblicato: 01/05/2021
Il sole nel barattolo

La tradizione della nostra cucina per molti anni è stata funzionale alla conservazione dei prodotti: il numero infinito di ricette di composte, confetture, marmellate, gelatine, mostarde strettamente collegate ai prodotti del territorio ne è la dimostrazione. 

Le “composte” (intendendo per composte una preparazione a base di zucchero e vegetali in genere) nascono quindi dalla mera necessità di conservazione dei prodotti in esubero nel tempo.

Facciamo un po’ di chiarezza nella terminologia: le “composte” si dividono in marmellata, confettura, gelatina e mostarde. Il concetto della marmellata, in ambito di pasticceria, è una miscela di frutta dove almeno il 20% deve essere una o più specie di agrumi.

Per confettura si intende la stragrande parte dei prodotti che noi realizziamo, è una miscela di frutta e ortaggi interi o a purea con zucchero ed acqua (la parte di frutta deve essere sempre superiore al 35%, viene definita “extra” se la presenza di frutta supera il 45%).

La gelatina invece è sempre una miscela questa volta di succo di frutta con zucchero e frutta in concentrazione variabile partendo da un minimo del 35%.

La mostarda invece rappresenta un mondo a parte: è sempre una conservazione di frutta e/o ortaggi con l’utilizzo di zucchero ed acqua ma questa volta anche con l’aggiunta di grani o essenza di senape o spezie. Quest’ultimo ingrediente distingue questo prodotto conferendogli caratteristiche uniche sia al livello organolettico che nell’utilizzo: spesso infatti le mostarde sono di accompagnamento a formaggi ma soprattutto a bolliti e carni grasse.

Nella pratica i procedimenti sono tutti molto simili. La cottura delle composte dipende dal tipo di frutta, dalla presenza o meno della buccia (se edibile) e dall’utilizzo o meno di gelificanti (pectine, agar agar, “colla di pesce”,…).

In Italia, soprattutto durante il periodo rinascimentale, ci fu un incremento nella produzione e sperimentazione delle marmellate e confetture a fronte del successo rivestito dallo zucchero; nei periodi precedenti si realizzavano principalmente delle mostarde con miele (più economico e facilmente reperibile anche nelle case più povere), frutta e spezie del territorio (spesso c’era l’utilizzo delle foglie della “portulaca” come gelificante naturale).

Una delle tante tradizioni riconduce il termine “marmellata” proprio al periodo cinquecentesco. Si racconta che Maria de’Medici, quando si trovava a Parigi, volesse, per questioni di salute, consumare arance: non trovandone sul territorio le faceva arrivare dalla Sicilia. Per poterle far arrivare “intatte” i pasticceri siciliani le facevano bollire a pezzi nel miele, le confezionavano in contenitori in terracotta, questi contenitori avevano sopra impressa la scritta “pour Marie malade” da qui “marmellata”.

Proprio per i più curiosi riporto una ricetta cinquecentesca, su indicazioni della soluzione contenuta in un trattato del 1556 da un autore ricordato per altri scritti: Nostradamus. Nel 1556 a Lione infatti venne pubblicato “Traitè des fardementes et confitures” (tradotto poi in italiano come “Trattato delle confetture”) scritto proprio da Nostradamus per compiacere Caterina de’ Medici, sua ospite nella corte di Parigi.

Le descrizioni, in questo trattato, sono minuziose e molto dettagliate ed è molto interessante come rappresentasse uno spaccato della situazione nella società (consigliava di decorare le confetture con piccoli stemmi araldici annegati nella gelatina per farsi apprezzare presso la corte).

Questo testo dimostra come, durante il periodo rinascimentale, l’idea di pasticceria e, soprattutto la conservazione e presentazione dei prodotti sulla tavola erano argomenti di prestigio e l’inizio di una nuova “moda” che divenne negli anni, specialmente nell’ambito della corte borbonica, fondamentale per la nostra idea di cucina.

Confettura di rose

Ingredienti: 

1kg.  di zucchero semolato

350 gr. di petali di rosa (non trattati)

250 gr. di acqua

Tre limoni

Un cucchiaio di acqua di rose per uso alimentare

Lavate i petali ed eliminate la parte bianca dell’attaccatura al bocciolo (una sorta di unghia più corposa). Gettate i petali in acqua bollente insieme allo zucchero e fate bollire per 20 minuti circa. Aggiungete il succo dei limoni e l’acqua di rose, fate bollire ancora per circa 10-15 min. Versate nei barattoli precedentemente sterilizzati. 

Chef Agnese CIMINO



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