La gnosi: un cristianesimo prima del cristianesimo (1 di 4)

Pubblicato: 12/06/2023
La gnosi: un cristianesimo prima del cristianesimo (1 di 4)

Secondo secolo dell’era cristiana; a quel tempo, il cristianesimo non aveva ancora formulato una propria iconografia, simbologia ed un proprio mito. ‘Vi era quel tempo, in cui i meandri oscuri di una grotta sotterranea e buia (il mondo sotterraneo dove attraverso le tenebre si poteva entrare in contatto con le proprie deità), si aprivano agli iniziati, attraverso dei percorsi oscuri (fatti di vicoli e strettoie senza luce), nella cui percorrenza, si ricercava la strada, la via verso la luce, verso l’illuminazione manifesta, che si mostrava loro sotto gli immateriali raggi di luce, che penetravano fiochi all’interno delle fessure di quei misterici luoghi, trasmutati in locus amoenus’; così lo scrittore Robert Bauval, descrive la via verso l’introspezione. ‘Era come attraversare i piani della propria morte corporale e della stessa anima incompiuta, verso la consapevolezza dell’immortalità ultra terrena’ (il viaggio della vita, attraverso la morte e fino la rinascita). Gli iniziati probabilmente, senza nemmeno l’utilizzo di torce, sostavano in silenzio ed in meditazione, assorbendo lo stato d’animo di cui quei templi sotterranei ne erano pregni; e certamente, i primi culti misterici cristiani, erano asseribili ad una mistura rituale egizia con i culti rituali gnostici.

Infatti, nel primo secolo, lo stesso culto cristiano era assai variegato, proprio perché ancora non esisteva un canone che ne descrivesse la ritualità e le fondamenta quale unifico credo; religione oggi, che seppur tale, finanche dopo la regola neo-testamentaria, porta comunque difformità all’interno dello stesso cristianesimo. Vedansi gli ortodossi russi, i battisti, i calvinisti, i cattolici. Tanto perché, è certa l’esistenza di numerosi vangeli, inni, poemi ed epistole, che i seguaci del Cristo veneravano, evangelizzavano, e sui quali ne esisteva un reale culto.

Seppure oggi, il credo neo-testamentario accettato, propini l’immagine di Gesù quale unigenito figlio di dio, e quindi, unica e sola guida, sia spirituale che degna di adorazione, sembra che i primi cristiani giudaici altresì, non riconoscessero nella sua figura il valore salvifico della crocifissione, morte e resurrezione. Gesù era un illuminato, non esisteva il concetto di immacolata concezione, nessuna resurrezione, nessuna croce, ma solamente le sue parole, la sua persona, che rappresentava l’incarnazione della saggezza divina.  Quei primi apostoli che lo seguirono, i più vicini a Gesù il nazareno, perirono tutti nell’olocausto che seguì l’insurrezione giudaica contro Roma, dal 30 al 70 d.C. Tant’è, che solo nel periodo tra il 70 ed 100 d.C., la figura di Gesù venne dipinta come noi la conosciamo oggi (attraverso i 4 vangeli canonici), ma certamente, raccontata e scritta, almeno due, tre generazioni dopo la Sua; ed in luoghi lontani nel mediterraneo, da quei giorni e da quegli accadimenti. E’ li che apparve netta la nuova figura di Gesù figlio di dio; seppure ancora, un diverso ricordo, continuava a perdurare. Tanto che, nel luglio del 1209, in Francia meridionale, un esercito di crociati fu inviato dalla neo costituita inquisizione, a sterminare un gruppo di eretici (circa 20.000), che rappresentarono per un breve periodo, l’ultima resistenza di quel culto cristiano primitivo, gnostico, dove la figura del Cristo, non era quella descritta nel nuovo testamento; quei cristiani, erano ‘i catari’. La loro fede, non era un’eresia a quella cattolica, ma risaliva a quella dei primi cristiani; loro non erano precursori di nessuna riforma, ma fervidi credenti dell’idea che questo mondo, fosse solo un mondo fatto di ombre che davano le spalle alla realtà, al mondo vero. Quel ‘vero’ mondo divino, che era proiettato dietro il mondo delle cose terrene. Così come lo definì anche Platone: ‘Coloro che sono in grado di vedere oltre le ombre e le menzogne della propria cultura, non verranno mai compresi, né tanto meno creduti dalle masse’. Quello era l’uomo.

Gli iniziati agli antichi culti religiosi misterici, intendevano questo percorso di liberazione e ricerca, quale unico credo per spezzare le catene della materia, e ricercare dietro quelle ombre, il proprio io spirituale, quello ‘vero’, quello ‘divino’; ricercavano la ‘gnosi’, la vera conoscenza del cuore. Ricercavano la conoscenza segreta, che trasformava l’uomo e lo rendeva conscio del mondo spirituale. Quegli iniziati, erano chiamati ‘gnostici’. Così come per primi cristiani, prima dei nostri vangeli, vi era la ricerca di quell’io che li riconduceva a Dio; Paolo stesso, nelle sue lettere, ci scrive di cercare Cristo dentro di noi, e per come riportato negli scritti di Nag-Hammadi, che sono più importanti di quelli di Qumran, il pensiero della gnosi cristiana, svela di nuova luce la storia del cristianesimo primitivo e la figura dio. ‘52’ manoscritti che ci parlano del primo cristianesimo, e che sovvertono la chiesa ‘letteralista’ e su come essa intende la fede.

Gli gnostici, conoscevano diversi modi per giungere alla salvezza; un esempio è quello della contemplazione, attraverso la quale, si poteva accrescere quella scintilla divina che è sepolta dentro ognuno di noi, e che ci permette di comunicare con Dio cercandolo nella nostra anima; una ricerca individuale del divino, senza alcuna opera di mediazione da parte di prelati o della chiesa stessa. Lo gnosticismo, è una religione dell’individuo, non imposta da alcuna chiesa; ma prona, alla ricerca della divinità per proprio conto. L’uomo, è una divinità caduta che ricorda il paradiso; questo è il concetto alla base di tutti i misteri dell’antichità (di Mitra, di Adone, di Osiride stesso). Per uno gnostico, il dovere di ogni credente, è quello di cercare il divino che è dentro di se, facendo accrescere quella scintilla attraverso l’auto-conoscenza; ma questa, non è l’estasi, tanto meno una conoscenza psico-analitica, o un’esplorazione intellettuale, ma una contemplazione spirituale di come siamo, di come dio ci abbia fatti, e di come sia fatto dio. Nell’oscurità, ci si accosta al mistero più grande, quello della morte, all’idea che un giorno la vita per come la si conosce terminerà. Questa ricerca è un mistero, il mistero che siamo, e che attraversa il mistero che è. Aristotele, riferendosi al misticismo ed ai misteri, scriveva: ‘… e lì, non si ci va per conoscerli ed imparare qualcosa, ma vivere delle esperienze’. Se si pensa ad esse, solamente come un processo intellettuale, non si comprenderanno a pieno; perché queste, sono molto di più. Quando si viene in contatto con qualcosa di nuovo, quando si apprende qualcosa di nuovo, ci si apre ad ulteriori nuovi concetti, interpretazioni, e domande sempre più complesse - rischiando di perdercisi dentro. Quello che cercavano gli antichi, era il ritorno, dalla conoscenza delle tante cose, dalla molteplicità di tante cose, a quella di una e unica.

Fine prima parte

Emilio FERRARA



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