“Credere vuol dire Amare, Amare vuol dire Servire”

Pubblicato: 03/02/2024

Mc 1,29-39 

“Credere vuol dire Amare, Amare vuol dire Servire”

Il Vangelo di Marco proclamato in questa domenica ci presenta Gesù in uscita dalla sinagoga e pronto a continuare la sua opera. Una sorta di descrizione della giornata tipo del Maestro. 

Interessante questo incipit, “uscire” dalla sinagoga, uscire cioè dal luogo dove si prega. Credo che questo possa essere un ottimo spunto per noi credenti, per chi frequenta il Tempio: non si può rimanere nel Tempio a pregare quando fuori di esso vi è tanta gente che soffre, tanto lavoro, tanta “messe” a cui attendere come lo stesso Gesù afferma in altri momenti del Vangelo. Del resto, però non si può eludere la preghiera allontanarsi cioè dalla sorgente di ogni carità che è proprio l’incontro con Cristo nella preghiera.

I verbi usati nella lingua greca antica per descrivere il momento ci confermano che  Gesù con tempestività si reca, direttamente, cioè subito/istantaneamente nella casa della suocera di Pietro.

E’ interessante il fatto che questo passo del Vangelo, proprio alla luce di queste espressioni usate nel Vangelo di Marco,  sia stato verificato anche da un punto di vista archeologico perché qualche anno fa, in seguito alle scoperte fatte proprio a Cafarnao, la città antica nella quale Gesù aveva operato, furono ritrovati i resti dell’antica sinagoga e della stessa casa della suocera di Pietro.   

Ebbene, tornando ai fatti,  Gesù entra nella casa della suocera di Pietro per guarirla perché è ammalata e viene chiamato proprio per questo motivo. Del resto questo è anche uno dei compiti del cristiano: farsi carico delle sofferenze degli altri e Gesù ci dà qui un esempio evidente.  

Il Vangelo ci descrive attentamente quello che accade: la donna si aggrappa alla mano di Gesù, mentre Egli compie il gesto di prenderle la mano, si appoggia su di Lui, perché, nella fede e sulla Sua Parola che dobbiamo camminare. Gli uomini potrebbero deludere, ma Gesù non si smentisce mai. Vale la pena stare insieme a Lui, sempre, appoggiarci su di Lui, specialmente nei momenti difficili.

La donna viene subito guarita. Dopo il miracolo avrebbe avuto tutto il diritto di chiedere del tempo per sé, magari affermando: “datemi un momento, adesso mi rassetto, mi riprendo un pochettino, mi metto in ordine e poi vengo da voi a farvi l’accoglienza”. Certe volte anche noi pensiamo che l’incontro con il Signore debba essere caratterizzato dall’ordine, della bellezza e precisione, dalla grandiosità, da quelli che oggi potremmo chiamare eventi straordinari. Anche nella Chiesa talvolta si moltiplicano gli eventi, e  magari si va da un evento all’altro, ci si prepara, ci si organizza, in funzione di quell’evento ma è nella fede, nella normalità che noi possiamo davvero incontrare il Signore e davvero come dice San Pietro “rendere ragione della Speranza che è in noi”.

E’ proprio nella normalità, negli eventi quotidiani, nelle cose che facciamo ogni giorno che dobbiamo incontrare il Signore perché, a quanto pare, Lui preferisce così. Ed è per questa ragione che quella donna, con grande slancio, “si mise subito a servirli”.

La dimensione del servizio è importante, tutti siamo chiamati a questo, perché è nel dare gioia agi altri e nel servire il prossimo che troviamo la vera gioia e diamo un senso più profondo alla nostra vita.

In un mondo in cui sembra diffondersi sempre più “la religione dell’individualismo” il cristiano può fare la differenza offendo se stesso, il suo tempo a servizio del prossimo.

E’ un bene per tutti anche per chi lo fa non solo per chi lo riceve. Don Tonino Bella a riguardo in uno dei suoi discorsi rivolti soprattutto ai giovani diceva: “anche tu per evangelizzare. Il Signore ti scruta, ti guarda, tu magari vorresti allontanarti da Lui, vorresti far finta di non aver capito, ma anche tu, proprio tu sei chiamato al servizio”.

Un servizio che deve essere reso nella gioia e svolto con umiltà.

Un servizio che ti deve portare ad essere un evangelizzatore convinto e gioioso, così che altri, attraverso te, possano seguire ancora Gesù.

E' nel servizio che viene caratterizzato il nostro percorso di fede.

Questo racconto di un miracolo dimesso, non appariscente, senza  tante parole o spiegazioni da parte di Gesù, ci ispira a credere che il limite umano è lo spazio in cui Dio opera, il luogo dove agisce la sua potenza. E’ l’ordinarietà della piccole cose di ogni giorno.

Il testo che segue il racconto del miracolo è solo movimento e sconvolgimento: una casa che  si apre, anzi si espande, diventa così grande al punto da non poter accogliere più nessuno, alla  sera, davanti alla soglia quando vengono presentati tutti i malati di Cafarnao.

Tutta  la città  è riunita sulla soglia di quella casa che, per altro, dai primi cristiani è stata sempre custodita nei secoli come luogo sacro. Gesù guarisce e salva anche oggi tutti coloro che si rivolgono a Lui con fede piena e convinta nella ordinarietà della vita quotidiana.

don Alfonso GIORGIO



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