"Vegliare" su noi stessi e sugli altri per dare gioia ai più fragili tra di noi

Pubblicato: 04/12/2023

Mc. 13, 33-37

"Vegliare" su noi stessi e sugli altri per dare gioia ai più fragili tra di noi

Inizia il tempo di avvento, siamo alla prima domenica di avvento, è un tempo forte, un tempo di attesa, un tempo di preparazione alla Solennità del Santo Natale ma ancor più di questo, un’occasione per rivedere le nostre scelte, per capire chi siamo, dove andiamo, che senso ha la nostra vita e cosa fare per essere veramente felici. Dovremmo chiederci anche cosa si aspetta il Signore da noi. Il tema di questa domenica sostanzialmente si può ricondurre ad un unica parola, anzi un verbo che rimanda ad un’azione da compiere: “vegliare”.

Dobbiamo vegliare perché alla fine della nostra vita -  questo è certo – daremo conto d quello che abbiamo fatto, delle scelte compiute, delle omissioni e dei propositi, ecc. Noi saremo “valutati” e questo lo dobbiamo sapere, ecco perché il signore ci “sveglia”. Di come avremo speso la nostra vita ne daremo conto!

Quando avverrà questo, quale sarà il giorno del nostro incontro con Lui? Non lo sappiamo perché Dio non ce lo ha detto, forse non vuole che entriamo in ansia e comunque ci ha promesso la sua misericordia. Non ci minaccia, anzi proprio perché ci vuole bene vuole aiutarci a capire che le nostre scelte di vita hanno sempre delle “conseguenze eterne” e, per questo, ci invita a fare attenzione perché ha “paura” di perderci! Ha “paura” che possiamo sprecare il dono della vita che Egli stesso ci ha fatto. Per questo il Signore ci suona la sveglia! Dobbiamo essere tranquilli e vegliare con gioia perché “Cristo, certo, verrà per il giudizio sul male, così che finalmente si sappia che c'è un Dio che fa giustizia sulla terra (Sal 58,12)”. Ma la Sua venuta ultima e definitiva Gli permetterà di “tergere le lacrime dai poveri, dagli oppressi, dai giusti calpestati e per introdurli nel suo regno di luce e di pace. La nostra veglia non è perciò quella fredda e rassegnata di una sentinella che cerca di far scorrere il più velocemente possibile le lunghe ore notturne; è, invece, l'attesa di un figlio che spia all'orizzonte il ritorno del padre per corrergli incontro e affidargli nelle mani tutte le sue paure e le sue gioie, i suoi problemi e i risultati ottenuti» (card. G. Ravasi).

Con questa consapevolezza di Fede in Gesù che viene ad esercitare la Sua misericordia siamo chiamati a vegliare, cioè a vigilare su noi stessi, ma al tempo stesso, oltre che a vigilare anche a stare attenti in ogni momento. La radice verbale della parola “vegliare” è appunto quella azione del “tendere verso” e “aspettare”: proprio oggi siamo chiamati ad  attendere in un tempo in cui non si è più abituati ad aspettare, in cui tutto si ottiene con poco sforzo e subito. Noi, invece, in controtendenza siamo chiamati ad aspettare.

Simon Weil a riguardo diceva che le cose più importanti si attendono, non le si cercano perché arrivano. Vengono certamente a noi, però bisogna avere la capacità di attendere. Un’attesa che, se ci pensiamo, diventa anche un’attesa gioiosa e ci porta a vivere bene il mistero del Natale, a incarnarlo, a viverlo in noi stessi. Perché, in fondo, questa vigilanza è indirizzata innanzitutto su noi stessi. Una vigilanza che dovrebbe essere vissuta con la logica della “sentinella del mattino”, come spesso soleva spesso ripetere Don Tonino Bello, con quell’attenzione a chi soffre, con l’attenzione a chi è più sfortunato di noi.  Ecco, allora la necessità di vegliare sugli altri, vegliare anche su chi è inficiato da una situazione di peccato, di chi vive nella sofferenza, di chi è abbandonato, di chi si sente emarginato ed escluso dagli altri.

La nostra vigilanza, dunque, è sicuramente su noi stessi affinché ci prepariamo ad accogliere il grande Mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio, affinché modifichiamo il nostro stesso modo di essere cristiani, di vivere la fede, di essere persone, ma anche un’occasione per “dare un occhio” a coloro che sono accanto a noi, affinché insieme con noi possano attendere, possano sperare e possano sentirsi amati. Tutti insieme possiamo vivere la gioia dell’attesa e con questa nostra presenza vigilante tutti possano sentirsi rassicurati e possano cogliere uno spiraglio per il propio futuro. Noi “vigilando” possiamo dare speranza ai più poveri e svantaggiati tra noi, possiamo aiutare questo prossimo fragile e bisognoso a sperare in  un mondo migliore, in un Natale vero, ove la gioia della Nascita di quel Bimbo straordinario permetta a tutti di vivere un Natale pieno di Dio, pieno della tenerezza di Dio.

don Alfonso GIORGIO



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