Abbandonare la tavola per vivere la fede sulle strade del mondo

Pubblicato: 09/12/2023

Mc. 1, 1-8 

 Abbandonare la tavola per vivere la fede sulle strade del mondo

Una certa formazione spirituale, per coloro che partecipano costantemente all’Eucarestia, avviene ogni domenica. L’ascolto della Parola di Dio che la liturgia di questa seconda domenica di Avvento ci propone raggiunge il suo apice in quella “voce che grida nel deserto”. Si tratta della voce del Battista che ci chiede di “raddrizzare i sentieri”, di “preparare la via”, cioè avviare in noi un cambiamento, prodigarci, affinché questo cambiamento realmente avvenga e che sia visibile, palpabile, che trasformi il nostro modo di vivere, il nostro modo di fare, le scelte personali, il nostro modo di porgerci agli altri, di assumere gli impegni di vita in riferimento alla responsabilità della testimonianza che dovrebbe contraddistinguere la vita di Fede di ogni battezzato.

La chiamata a conversione è per tutti e tutti siamo chiamati anzitutto a camminare, lungo questa via nuova che dovremmo tracciare, quell’unica via giusta che ci porta a Gesù. Anzi mentre percorriamo questa via Lo incontriamo e Lo riconosciamo lungo la strada.

Circa il cammino che ogni credente dovrebbe compiere per incontrare il Signore, don Tonino Bello soleva dire che la Chiesa non può limitarsi a vivere e proporre un cammino di fede rimanendo nelle sacrestie. Il cristiano, peraltro, quando partecipa alla Messa, riceve proprio dall’ascolto stesso della Parola di Dio, durante l’eucarestia, quella forza che lo spinge e che diventa per lui una vera e propria “forza propulsiva” che lo porta fuori dalla Chiesa stessa. In effetti è proprio questo il modo con cui si esprime e si proclama la gioia di credere. Non possiamo certo rimanere chiusi in chiesa.

La Messa stessa è una forza che ci spinge fuori; la Messa “obbliga ad abbandonare la tavola”, sollecita all’azione, spinge a “lasciare le nostre cadenze residenziali” e ci spinge a “rinnovare il fuoco”.

Quel fuoco della fede che ci è stato posto nel nostro cuore con il Santo Battesimo ci spinge a rinnovare, ad investire quel poco che abbiamo ricevuto, in una gestualità inequivocabile circa la carità evangelica, e in dinamiche missionarie convinte,  gioiose e coinvolgenti. A questo livello il cambiamento può avvenire se realmente quello che diciamo, quello che ascoltiamo, si traduce in azione e soprattutto se riconosciamo in umiltà la nostra povertà. Perché è Lui che “deve crescere” in noi - ci ricorda Giovanni il Battista - è Lui che deve essere formato in noi. (cfr. San Paolo Apostolo).

Mentre Gesù cresce e prende forma nelle nostre persone noi ci impegniamo a diminuire, come soleva dire Santa Madre Teresa di Calcutta: dobbiamo “essere come il vetro, il vetro che per natura è trasparente, perché più trasparenti siamo e più diventa visibile, plausibile la nostra vita cristiana”. Il vetro della nostra vita se non viene opacizzato dalle nostre incoerenze e battute di arresto, rende trasparente, il Cristo, lo rende visibile, a tal punto che noi scompariamo e al di là di questo vetro appare solo il Mistero di Amore cui vogliamo condurre coloro che ci sono accanto.

Il tempo di Avvento ci fa comprendere ancora una volta che nella nostra vita è necessario attendere ma in questa domenica comprendiamo davvero che ciò che ci separa, nella nostra vita, da Colui che attendiamo è una strada accidentata, una strada che dovremmo “mettere a posto” per potervi camminare più spediti e con serenità. Però prima ancora di operare questo percorso di riparazione, cambiamento e guarigione della nostra anima è necessario avere l’umiltà di riconoscere quei fossi, quei burroni e detriti che giacciono, magari da molto tempo, sulla nostra strada, chiamarli per nome e rimuoverli. Ci accorgeremo, di conseguenza, che mentre operiamo sulla strada, per noi stessi e per gli altri, sarà la nostra umanità ad avvicinarci sempre più alla méta che, in fondo, è un traguardo di felicità piena e vera.

don Alfonso GIORGIO



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