Amate i poveri perchè è da loro che viene la salvezza

Pubblicato: 17/09/2022

Lc.16, 1-13

Amate i poveri perchè è da loro che viene la salvezza

Il vangelo ci popone un racconto sorprendente con un personaggio, che a prima vista, potrebbe apparire ambiguo e poco chiaro per il fine evangelico che Gesù ci propone. Si tratta dell’amministratore disonesto”. Si, la parabola dell’amministratore disonesto che, in prospettiva di un licenziamento imminente, proprio per non essere riuscito a compiere bene il suo lavoro, cerca di tenersi buoni i debitori del padrone. 

E’ disonesto perché falsifica le ricevute attestanti i debiti che quei servi-clienti avevano verso il loro padrone ed effettua spontaneamente degli sconti, con arrotondamenti che oggi potremmo chiamare “transazioni”. Queste falsificazioni piacciono ai debitori perché vengono in parte sollevati dal peso stabilito ed, al tempo stesso, alimentano una complicità ed un’amicizia nuova tra loro.

L’amministratore pensa al suo domani, quindi se lo aggiusta falsificando la realtà, e lo fa in un modo scaltro, ecco perché Gesù coglie l’occasione – quasi con rammarico -  per ricordarci che “i figli di questo mondo sono più scaltri”, mentre i figli della luce sono più fragili e dovrebbero attingere a questo esempio. Certamente non per diventare disonesti come quell’amministratore, ma almeno per pensare al futuro e anch’essi aggiustarsi il domani, non un domani materialistico caratterizzato da un possesso sfrenato di beni o dalla carriera o da fatti materiali in generale, ma piuttosto, un domani che dia risalto all’aspetto spirituale della vita di una persona e soprattutto, un domani di Dio, il domani che dovrebbe concludersi poi alla fine della nostra vita, con l’incontro con Dio. 

Può sembrare contraddittorio ma in realtà è vero dovremmo investire per il domani in maniera scaltra, lo dovremmo fare con quella “purezza delle colombe, la scaltrezza dei serpenti” così come afferma Gesù stesso in un altro passo del Vangelo. A riguardo don Tonino Bello ci ricordava sempre di investire sui i poveri, con i poveri e per i poveri, perché alla fine della nostra vita, saranno loro ad aprirci le porte del Regno. Queste furono le sue ultime parole, il suo testamento spirituale:

«Coraggio! Vogliate bene a Gesù Cristo, amate con tutto il cuore, prendete il Vangelo tra le mani, cercate di tradurre in pratica quello che Gesù vi dice con semplicità di spirito. Poi amate i poveri. Amate i poveri perché è da loro che viene la salvezza, ma amate anche la povertà. Non arricchitevi, è sempre perdente colui che vince al gioco della borsa. Vi abbraccio, tutti, uno ad uno, e, vi vorrei dire, guardandovi negli occhi: "TI VOGLIO BENE!"».

In estrema sintesi, don Tonino raccomandava ai giovani, soprattutto ai credenti, di amare i poveri, amare, la gente è Gesù. Il resto verrà da sé perché questo vale veramente. Questo vale, e noi su questo piano spesso risultiamo manchevoli.

L’affermazione di Gesù “fatevi degli amici” non è casuale perché saranno loro ad accoglierci meglio degli angeli un giorno e apriranno già ora la porta della felicità nei nostri cuori perché è nel dono e nella gratuità che si raggiunge la beatitudine

Quando siamo in un contesto di preghiera o durante una liturgia, per le cose di Dio, in generale, spesso stiamo a guardare l’orologio. A noi pastori capita ogni tanto di far cadere l’occhio dinanzi alle persone che ti sono dinanzi e spesso ti accorgi che alcuni fedeli stanno a guardare sempre l’orologio e a calcolare i minuti dell’omelia o il tempo della durata della messa, chiedendosi: “quando finirà”? Perché per Dio, alla fine, c’è poco tempo o niente, e diciamo sempre di non avere tempo per nulla mentre se fossimo coerenti ammetteremmo che moltissimo tempo viene dedicato alla TV, allo Smartphone mentre si passano ore a scrutare i messaggi, i post pubblicati sui social. 

Sì, impieghiamo molto tempo in questa direzione e la nostra libertà è indirizzata verso queste cose mentre tempo per Dio non ne abbiamo mai. 

Quando Gesù ci parla di investire, quando don Tonino ci ricorda l’importanza di guardare ai poveri è contemperato anche l’investimento del tempo da dedicare a loro, vedendo Dio nei loro volti, ma anche il tempo da dedicare alla preghiera, all’incontro intimo con Gesù nella Santa Eucarestia. 

Il tempo allora può diventare il terreno di verifica della nostra fede perché se bisogna investire anche in termini di tempo, il tempo che dobbiamo a Dio per essere veramente credibili dovrebbe essere congruo e Lui dovrebbe avere il primato su tutto. 

A volte siamo addirittura di scandalo per i tiepidi o per i non credenti che ridono di noi nel vederci così profondamente incoerenti. Si, viviamo la nostra fede molto spesso in maniera stereotipata, immersi in un cattolicesimo convenzionale, quasi trascinandola e in effetti molti come essi stessi si autodefiniscono sono “credenti e non praticanti”. A parte che non ha senso, perché se uno è credente in Dio-Amore non può non praticarlo questo amore: ma a questi credenti non praticanti o non credenti dobbiamo volgerci con quell’astuzia spirituale propostaci dal vangelo ed essere efficaci e convincenti con la nostra testimonianza di vita. 

     don Alfonso GIORGIO



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