Ascoltare il Buon Pastore stando in piedi

Pubblicato: 07/05/2022

Gv 10, 27-30

Ascoltare il  Buon Pastore stando in piedi

In questa domenica del tempo di Pasqua ci viene proposta l’immagine di Gesù Buon Pastore ed è Egli stesso ad autodefinirsi così. E’  stupenda questa immagine di Gesù Buon Pastore. E’  una delle prime immagini con cui Gesù è stato raffigurato sin dall’antichità, dai primi cristiani. Un’immagine bella e molto eloquente. Gesù la coglie proprio da quello che lui vedeva ogni giorno, anche se bisogna dire che ci sono delle divergenze tra quello che si prefigge il pastore e quello che desidera per noi il Grande Pastore che è il Figlio di Dio venuto sulla terra.  

Noi saremmo le sue pecore, lui conosce le sue pecore, noi potremmo conoscere la sua voce, nel senso che pur conoscendola avremmo bisogno di decifrarla e distinguerla tra tante altre voci discordanti, tante voci invasive  e travianti. Non è difficile riconoscerla quella voce divina, ma bisogna essere disposti a mettersi in ascolto della sua parola. 

Si tratta di quell’ascolto che ci permette di vivere anche l’obbedienza. Non spaventi questa parola oggi piuttosto trascurata, perché si tratta sempre di  “ob audire”, cioè porsi in ascolto, obbedire, ascoltare. Tutti possono ascoltare e tutti possono seguire il pastore. 

Anche una persona non vedente può seguire Gesù. Non c’è bisogno della visibilità per riscontrare la sua presenza.  “Ob oculos” potremmo dire: “ob audire - ob oculos” cioè “davanti agli occhi”, obbedire. 

“Ascoltare stando in piedi”, così soleva dire don Tonino Bello:  ascoltare rimanendo in piedi, rimanendo dinanzi alla persona; “obbedire in piedi” significa rimanere fermi nella propria dignità, preservare la propria dignità senza necessità di  azzerarla o annullare se stessi. Il santo vescovo di Molfetta sosteneva che il concetto di obbedire in Cristo deve essere inteso non come passivo azzeramento della nostra volontà ma piuttosto come adesione gioiosa alla volontà del Signore, perché l’obbedienza al Pastore “non ha alcuna rassomiglianza, neppure alla lontana col supino atteggiamento dei rinunciatari”. Noi quindi non siamo rinunciatari quando lasciamo fare al Pastore ma, anzi, proprio quando decidiamo di condividere quello che il pastore ci chiede e realmente ci piace e ci fa gioire, ci accorgiamo che la Sua Parola ci rende liberi, perché possiamo seguirlo solo nella libertà dei figli di Dio. 

Ci sentiamo amati e alla fine l’amore resta per sempre. 

Domenica scorsa la liturgia ci ha proposto il testo evangelico  con il quale si ricorda l’accorata richiesta di amore di Gesù a Pietro.  “mi ami, mi ami, mi vuoi bene”. Lo ha chiesto per tre volte perché Gesù va in profondità con noi, non gli basta un amore emotivo, superficiale caratterizzato magari dall’enfasi del momento, ma un amore profondo, sostanziale che diventa opzione fondamentale tanto che quella Parola ascoltata viene accolta quale unica luce per la mia vita; l’unica luce che irradia, l’unica Parola che posso ascoltare e che voglio ascoltare, perché segna i passi del mio cammino. 

Questa pagina del vangelo è particolarmente cara a noi presbiteri, la sentiamo particolarmente dedicata a noi perché ci sentiamo chiamati in causa, dovremmo essere, in qualche modo, l’immagine più viva di Cristo Buon Pastore. A riguardo don Tonino Bello incoraggiava i suoi presbiteri con queste parole: “riscoprite i volti, usate tenerezza per gli agnelli appena nati e conducete pian piano le pecore madri, non abbiate paura se vi accusano di parzialità quando partite dai più deboli o vi ponete  sul passo degli ultimi”

In  effetti è proprio sul passo degli ultimi che dobbiamo porci, come Gesù, per ascoltare  le loro istanze e per stare con loro, dalla loro parte, per esser con loro, per consolare, per sostenere quelle pecorelle più fragili dell’ ovile di Cristo.

Noi tutti battezzati siamo pecorelle di Dio però se vogliamo continuare a stare nel gregge di Cristo che è la Chiesa, dobbiamo seguire gli insegnamenti dei nostri pastori a  cominciare dal Santo Padre, Papa Francesco, al quale va tutta la nostra gratitudine per quello che sta facendo senza mai stancarsi e fermarsi nemmeno dinanzi alle difficoltà personali. Con umiltà bisogna seguire gli insegnamenti dei Vescovi che sono i pastori delle chiese locali e quelli dei parroci, che solo il punto di riferimento pastorale e spirituale delle nostre comunità parrocchiali e che operano sul territorio a volte con tante difficoltà e povertà. Bisogna amarli, proteggerli, farli crescere, potenziarli e soprattutto sostenerli con la preghiera e il responsabile coinvolgimento di tutti, mediante la fattiva collaborazione di ciascuno. Non vi può essere un gregge senza pastori, è necessario che ci siano le guide e oggi che è la giornata del Buon Pastore siamo chiamati a pregare in modo tutto speciale per le vocazioni alla vita sacerdotale, cioè per tutti i pastori della Chiesa cattolica già impegnati in questo cammino e per coloro che stanno facendo discernimento o si stanno preparando a questo ministero.

E’ una giornata speciale durante la quale il nostro pensiero di gratitudine va ai tanti sacerdoti che ci hanno affiancati nella vita e ci hanno avvicinati a Dio ma  anche alle nostre mamme  - anche quelle che sono in cielo – e mentre pensiamo a loro guardiamo con particolare fiducia  alla mamma celeste affinché guidi i nostri passi e ci renda docili alla Parola del Signore per essere umili seguaci del Signore nel suo Santo ovile. 

don Alfonso GIORGIO

 


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