Camminare con Gesù

Pubblicato: 22/04/2023

Gv 20,19-31

Camminare con Gesù

Continua il nostro percorso pasquale e in questo tempo liturgico la Chiesa ci propone quella stupenda pagina del Vangelo che ci descrive il cammino dei due discepoli di Emmaus. Uno di loro ha un nome ed è Cleopa, dell’altro invece non viene menzionato il nome, probabilmente perché dobbiamo metterci il nostro nome. Ognuno di noi infatti sarebbe chiamato a fare un cammino “a due a due”, così come Gesù stesso aveva indicato per recare al mondo l’annuncio del Vangelo. 

L'esperienza dei discepoli di Emmaus, uomini che avevano sentito parlare di Gesù, e su di Lui erano ben informati, sapevano, infatti che Lui avrebbe aiutato tutti salvandoli, ma alla fine avevano assistito alla sua crocifissione e non riuscivano a credere a quello che Gesù stesso aveva detto e cioè che sarebbe risorto. “Noi speravamo”, dicono. Ora delusi non sperano più, ora si danno per vinti e mentre Gesù li affianca non lo riconoscono perché hanno deciso di non camminare più sulla sua strada, non vedono che quella del fallimento e della sconfitta. E lo sconforto li assale. A volte questo capita anche a noi.

Ma ciononostante il Signore ci rincorre, si mette sulla strada sbagliata insieme a noi e poi pian piano ci fa capire che strada dobbiamo intraprendere. Se veramente lo ascoltiamo e ci prendiamo del tempo per stare con Lui, allora impariamo a riconoscerlo e lasciarci guidare. Come hanno fatto i due che camminavano verso Emmaus: non riconoscono più solo un viandante, ma Colui che parla con loro, Gesù in persona che ascoltandolo volentieri lo riconoscono nella Sua vera dignità divina alla fine capiscono chi è veramente. La speranza, allora si riaccende, riprendono a camminare sulla strada giusta e torna la felicità nei loro cuori.

Anche, noi siamo in cammino e come loro, spesso, mentre camminiamo, senza accorgercene ci ritroviamo con Gesù accanto. Se ci pensiamo questa, in sostanza, è la fede: camminare con Gesù, accorgersi della Sua presenza nella nostra vita, ma questo non è sempre facile, non è sempre possibile. 

I due discepoli sentivano il fuoco nel petto e questo accadeva proprio quando Gesù spiegava loro le Scritture. Di qui comprendiamo l’importanza dell’ascolto della Parola di Dio. E’ la Parola, infatti a muovere il cuore, cioè tutta quella che è la sede dell’intelligenza, della volontà, della memoria. In quella sede, centro più profondo della persona, può accadere qualcosa di sorprendente: muoversi verso Cristo, con un fuoco dentro, un entusiasmo e una gioia indicibili. Questo cammino diventa un viaggio spirituale che raggiunge un vertice, un momento apicale, rivelativo della vera identità del viandante quando viene compiuto da Lui il gesto dello spezzare il pane. Nell’atto dello spezzare il pane Gesù viene riconosciuto, così come accade oggi nella liturgia, quando il sacerdote ci spezza il pane dinanzi ai nostri occhi, noi lo riconosciamo. E’ il Cristo vivente che è vivo e presente in mezzo a noi, nella Santa Eucaristia. 

Il cammino dei discepoli di Emmaus allora diventa emblematico per tutti. È un percorso che possiamo fare, che continuiamo a fare, che dobbiamo fare, evidentemente insieme, come comunità Non è accettabile infatti dirsi cattolici, “credenti non praticanti”, cioè non in cammino o senza cammino senza nessuno accanto a noi , da soli con quel fai da te della religione che ci tiene lontani dagli altri e sicuramente da Gesù stesso che invece ha detto: “Fate questo in memoria di me”; “Dove due o più sono riuniti nel mio Nome, là sono io in mezzo a loro”. 

Occorre camminare insieme e sentire accanto a sé Gesù che cammina con noi. Don Tonino Bello in riferimento proprio a questo episodio pasquale scriveva che spesso i nostri occhi non si aprono, almeno non come si aprirono ai discepoli di Emmaus: “si aprirono loro gli occhi”, quando lo riconobbero nello spezzare il pane. A noi forse  non si aprono perché spesso il nostro occhio è fisso su ciò che muore. Non riusciamo a riconoscere più i germogli che già dicono il sorgere di una nuova Alba. “Non può recare in effetti liete notizie, colui che non proviene dal futuro”. Bella questa immagine usata dal venerabile vescovo “provenire dal futuro”, cioè pensare al futuro, quel futuro di gioia, di salvezza  e di beatitudine per tutti. 

don Alfonso GIORGIO



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