Con Gesù è diverso

Pubblicato: 25/01/2025
Con Gesù è diverso

In questa terza domenica del tempo ordinario, il Vangelo che viene proclamato ci rimanda ad un Gesù giovane che ritorna a Nazareth e come il suo solito, - così afferma il testo -, cioè come era previsto anche da parte dei credenti del tempo, in giorno di sabato entrare in sinagoga. Gesù entra insieme agli altri uomini in sinagoga. A questo riguardo ancora una volta comprendiamo come il Signore vuole raggiungerci nel nostro quotidiano, in quelle che sono le nostre routinarie abitudini, le quotidiane feriali o festive abitudini. Lui ci raggiunge lì, proprio lì, dove siamo anche se la Sua presenza apporta sempre un cambiamento in chi l’accoglie. Nel contesto della preghiera, a Nazareth, prende la scena prendendo per le mani un rotolo. E’ il testo di Isaia, veramente molto intenso e profondo poiché provoca la nostra attenzione non tanto sul “come” è nato Gesù – questo lo abbiamo potuto approfondire in occasione della festa del Natale – ma sul “perché è nato"!

Questo, se vogliamo, è realmente il Tempo ordinario, tempo in cui abbiamo la possibilità di capire il motivo per cui è nato e per cui Gesù è venuto sulla terra. La proclamazione della Parola a Nazareth quella mattina è solenne e quello che stupisce i presenti è la conferma che segue attraverso quell’ “oggi” di Gesù: “oggi questa Scrittura che voi avete udito si è avverata dinanzi ai vostri occhi”. Dunque è chiaro il motivo come pure il progetto che Dio vorrebbe attuare con l’Incarnazione del Verbo: è venuto a sciogliere dai legami del peccato, a liberare gli oppressi, perché lo Spirito è su di Lui e lo ha mandato a fasciare le piaghe dei sofferenti, a salvare i peccatori, a sollevare i poveri, a ridonare vita a chi è morto o si sente annullato nella propria vita, ad infondere coraggio a chi è prostrato nella polvere, a ridonare la vista ai ciechi, è venuto a dare vitalità e forza  alle persone deboli, a tutti colo che soffrono e sono state umiliate dalla vita. E’ senza dubbio un “programma pastorale” quello che legge con autorità, tanto che tutti gli occhi dei presenti erano fissi su di Lui, certamente incuriositi ma, ineludibilmente un cammino di fede ti dovrebbe portare sempre ad avere gli occhi fissi su di Lui.

Questa parola di Isaia che viene ascoltata nel culto, anche da noi cristiani-cattolici, ogni domenica, dovrebbe essere messa in pratica, divenire realtà cioè dovrebbe concretizzarsi; ed  è proprio questo che il Signore chiede a ciascuno di noi, quando dice “oggi si è adempiuta”, si è compiuta questa Parola che io ora vi ho proclamato, comprendiamo la performatività stessa della Parola che mentre viene proclamata si attua in noi e aspetta di essere portata a compimento da noi stessi nella nostra vita quotidiana, ordinaria, appunto. Comprendiamo quindi quello che spesso raccomandava don Tonino Bello: a noi, proprio a noi, viene affidato il compito di annunciare Gesù, di testimoniarlo agli altri e ciò significa portare a compimento “la gioia del primo incontro con Lui”, quella gioia che abbiamo sperimentato nel nostro personale incontro con il Signore.

Nel nostro cammino di fede abbiamo il dovere, ma anche la responsabilità e, in un certo senso, la gioia per la gioia stessa da portare agli altri, trasferirla, trasmetterla, Così facendo si attua quello che è affermato in Atti degli Apostoli: “c'è più gioia nel donare che nel ricevere”, per cui ciò che comprendiamo oggi che non è l'uomo ad esistere per Dio, chiamato a raggiungerLo, a renderGli omaggio o a lodarLo, ma è Dio che esiste per l'uomo e che addirittura si rende prossimo a noi, diventa uno di noi per il nostro bene, per la nostra felicità, per la nostra liberazione. Ci vuole rendere liberi per amare e questa liberazione da ogni schiavitù caratterizza il cammino del cristiano, e ancor più motiva la stessa nostra fede in Gesù Cristo liberatore. La vita però ci rivela che non ci sono automatismi, che la liberazione non avviene o forse non è percepita in automatico e che talvolta si perde di vista la Verità, ci si allontana dalla Fonte della vera Gioia che è Cristo e in taluni casi ci si sente addirittura falliti, ma noi non dobbiamo avere paura perché come ci ricorda don Tonino Bello, con Gesù è diverso: “a coloro che si sentono falliti: la riuscita di una esistenza non si calcola con i parametri dei fixing di borsa. E i successi che contano non si misurano con l’applausometro delle platee, o con gli indici di gradimento delle folle…Da quando l’Uomo della Croce è stato issato sul patibolo, quel legno del fallimento è divenuto il parametro vero di ogni vittoria, e le sconfitte non vanno più dimensionate sulla condizione dei fischi che si rimediano, o dei naufragi in cui annegano i sogni”.

don Alfonso GIORGIO



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