Desiderosi di Luce

Pubblicato: 04/03/2023

Mt 17,1-9 

Desiderosi di Luce

In questa seconda domenica di Quaresima, con la narrazione dell’episodio della preghiera su Monte Tabor ci viene proposto il tema spirituale della Trasfigurazione. 

Gesù prende accanto a sé Pietro, Giacomo e Giovanni e si inerpicano su quel monte ritenuto da sempre luogo privilegiato per rivolgersi alla divinità. Le tracce di culto Cananeo, antecedente alla stessa venuta di Cristo sulla terra ne sono una testimonianza. 

Una luce, una grande luce, più intensa e profonda della luce del sole, rischiara il volto di Gesù, anzi, potremmo dire che, mentre per il Sole irradia luce e calore  per cui  i corpi potrebbero essere illuminati dall’esterno, in questo caso la luce viene dall’interno. Indubbiamente un fatto straordinario, un regalo per i presenti. 

Gesù dopo aver parlato apertamente delle sue sofferenze, della sua Passione e della sua morte, subito dopo l’atto di fede dell’apostolo Pietro, e dopo i tentennamenti e le contrarietà del gruppo degli apostoli che non avrebbero mai permesso al Messia di subire il dolore della Passione, volle operare una trasformazione di se stesso davanti a Mosé ed Elia, apparsi all’improvviso. 

Perché questa luce misteriosa? Perché questo prodigio? 

Per far capire che nella povertà, nella sofferenza, nella Passione …Dio resta Onnipotente. E quindi gli apostoli dovevano essere forti in quei momenti dolorosi annunciati e credere nella promessa, anche se appariva umanamente impossibile.

Si tratta di un mistero grande ma anche noi, umanamente, possiamo vivere un’esperienza analogicamente simile  a quella del Tabor, almeno sul piano spirituale. 

Quando una persona che ti sta dinanzi prega ed entra in contatto con Dio, te ne accorgi. Ti accorgi, perché c’è una luminosità e un candore nuovo  nel suo volto. 

L'Arcivescovo di Palermo, durante le esequie di Fratel Biagio, nell’omelia affermava, circa la sua  spiritualità,  che i suoi occhi brillavano di una luce intensa perché lasciavano intravedere il Paradiso. Il suo volto sempre luminoso e sorridente, ti permetteva di cogliere in lui una luce dall’alto. Era come se fosse Cristo stesso a parlare attraverso lui. Questo può accadere realmente quando l'umano si lascia illuminare dalla luce del divino. Immaginiamo, allora  che cosa è accaduto sul Tabor, al volto e a tutta la persona di Cristo. 

La Sua luminosità intensa ed efflorescente in tutto il corpo, ci dice la pienezza della divinità, che in qualche modo incoraggia i tre apostoli presenti. A tal proposito, giacché siamo in cammino sinodale potremmo affermare che i tre intraprendono, in un certo senso, un percorso di sinodalità. Erano in quattro: tre fratelli nella Fede condotti da Gesù, sul Tabor. Insieme vivono questa esperienza. Non da soli perché il bene lo si può vivere in pienezza solo insieme. A dir la verità anche il male lo si dovrebbe affrontare, accogliere insieme e superarlo. Ci accorgiamo quindi che c’è un valore più alto, in gioco: vivere la gioia in maniera sinodale, con  un grande potenziale, una possibilità in più! 

Il volto “cambiò di aspetto": possiamo cambiare anche noi quando siamo uniti al Signore, quando siamo in contatto con Lui; ed è la preghiera ad illuminare i nostri volti e il nostro cuore. E’ questa preghiera che ci deve toccare il cuore, perché è nel cuore che Gesù vuole prendere casa, vuole entrare nella nostra vita.    

A un certo punto però Pietro, forse interpretando le emozioni di tutti manifesta il desiderio di rimanere in quella luce; vorrebbero fare delle capanne, vorrebbero rimanere lì in modo stabile.

Pietro ci rappresenta perché è vero a noi non interessa un Dio che illumini solo se stesso e poi non illumini anche l’uomo, «non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano. Un Dio cui non corrisponda la fioritura dell’umano, il rigoglio della vita, non merita che a Lui ci dedichiamo» (D. Bonhoeffer).

Come Pietro, siamo tutti desiderosi di luce.Vogliamo il bene, vogliamo la pace nel cuore, vedere il mondo in altra luce, venire nuovamente alla luce, perché tutta la vita ci è necessaria per progredire nella luce iniziale. Dalla nube viene una voce: ascoltate Lui! Il Dio che non rivela il Suo volto ha ora un volto in Gesù e una voce in Lui.

Gesù è la Voce che è diventata volto e corpo tangibile. I suoi occhi e le sue mani sono la presenza reale di Dio sulla terra. Ed è proprio con questa intenzione di fondo che Pietro prende l’iniziativa quando dichiara: “è bello per noi stare qui”! Ma Gesù li esorta ad alzarsi per proseguire il cammino nella ferialità: “alzatevi, andiamo”, nel testo sacro viene usato un verbo che potremmo definire “pasquale”.

Così come affermava don Tonino Bello, quella espressione, “alzatevi, andiamo”, è un’espressione pasquale, perché alzatevi, e “non temete”, sono verbi pasquali. “Non temere” è un’affermazione consolante e incoraggiante che ci invita a non temere il mondo, non temere le contrarietà della vita.

“Alzarsi” significa invece continuare a camminare, anche in mezzo alle tenebre, alle contraddizioni, anche in mezzo a eventuali persecuzioni, in mezzo alle derisioni, in mezzo a tanto materialismo e in mezzo ad una società che vorrebbe vivere come se Dio non ci fosse.

Noi, se vogliamo essere veramente felici e dare un senso alla nostra vita, dovremmo alzarci, cioè mostrare al mondo la dignità di essere figli di Dio, testimoniare la resurrezione di Cristo e così comprendiamo che per essere Chiesa il “primato” non è nello stare in un luogo fissi, contenti e bearsi di quel luogo ma piuttosto, nell’annunciare Gesù Cristo morto e risorto dai morti.

Mai perdere di vista Gesù, la sua luce perché è lui che da senso alla nostra fede, al nostro cammino, al nostro essere chiesa nel mondo. Infatti tutto quello che i credenti fanno se non è fatto nel Suo nome perde di significato e di forza. E’ un fatto che  deve essere  sempre  perché è proprio in questa consapevolezza che troviamo la forza e la gioia di affrontare tutte le sfide anche  quelle difficoltà e  contrarietà, che la vita ci riserva.

don Alfonso GIORGIO



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