DIO non è solitudine

Pubblicato: 03/06/2023

Gv 3 16-18

DIO non è solitudine

Con la celebrazione della Pentecoste abbiamo, in un certo senso concluso il tempo di Pasqua. Il  mistero della Pentecoste celebrato ci ricorda quello che è accaduto ai discepoli. Dalla iniziale condizione di diffidenza verso tutti e paura di soccombere dopo i fatti della Passione, si ritrovano all'improvviso oggetto di una grandissima  attenzione.

Quel giorno, infatti, furono come scaraventati nel mondo, e si ritrovavano come abilitati, pronti a dare ragione, -  come direbbe San Paolo,-  dalla propria fede,  dare una testimonianza di fede alta e convinta.
Lo Spirito infatti li aveva rinovati e  riabilitati, rendendoli pronti a vivere la fede in questi termini, fino.a dare la vita per Cristo.

In questa domenica però, la liturgia  ci invita a fare una sosta su quell'alto mistero che è la Santissima Trinità. Si tratta di un mistero difficile da capire e da spiegare. In genere quando penso alla SS. Trinità mi viene in mente un aneddoto dai racconti di don Tonino Bello: quando il servo di Dio ci raccontava di un dialogo avuto con un amico sacerdote missionario tra gli zingari.

Proprio in riferimento al dogma della SS. Trinità, quel sacerdote si chiedeva come poteva spiegare a quella povera gente, intenta a ben altre cose, magari piuttosto preoccupata  di trovare cibo da mangiare e il modo per poter sopravvivere - quell'inportante mistero della Fede. Bisognava parlare loro di Dio Trinità...e le cose si semplificavano abbondantemente perché entrambi convenivano sul fatto che  bisognava attardarsi sul tema della relazione che è poi fondamentale per ogni persona e soprattutto nella contemplazione del mistero di Dio che è  relazione.

Fondamentalmente dice don Tonino Bello, "Dio non è nella solitudine", non è una persona soltanto, una persona sola, ma sono tre persone in un'unica dimensione, in un'unica realtà divina. È l'unico Dio, appunto, in tre persone. Il linguaggio sicuramente è filosofico-teologico. Si tratta sicuramente di accorgimenti teologici, perché di fronte al Mistero non si può che andare per approcci, però, quello che si coglie fondamentalmente è che Dio non è nella solitudine, ma è viva relazione e ci chiede di essere in relazione gli uni con gli altri, perche' Lui sa che la relazione ci rende felici.

In effetti ogni volta che ci proponiamo un obiettivo alto da raggiungere, per esempio un alto livello di felicità, lo possiamo perseguire soltanto con gli altri e insieme agli altri. È lì che noi possiamo vivere questa relazione e viverla nella pienezza.

La Trinità è il luogo teologico-psicologico del mio senso ultimo, e del senso stesso dell'universo: tutto incamminato verso un Padre pieno di misericordia e fonte di libertà per tutti verso un Figlio che mi ama e mi rende innamorato, verso uno Spirito che accende in me la comunione nella mia  solitudine.  
Se poi ricordiamo l'autopresentazione che Dio fa di se stesso sul monte Sinai, davanti al grande patriarca Mosè, ci accorgiamo che i suoi nomi sono rassicuranti: misericordioso, pietoso, lento all'ira, grande nell'amore, ricco di grazia e di fedeltà (cfr.Es 34,6).

Mosè è salito con fatica su quel monte ed ha ricevuto due tavole di pietra, perché Dio si sconcerta davanti all'ipocrisia di tanti che pur dicendosi credenti non sanno amare...        
Scrivendo su quella rigida pietra parole di tenerezza Dio rivela la sua grandezza e il Suo desiderio di amare, sempre e Mosè in quel momento è l'unico a capire e prega: “Che il Signore cammini in mezzo a noi, venga in mezzo alla sua gente. Non resti sul monte, guida alta e lontana, ma scenda e si perda in mezzo al calpestio del popolo”.

Tutta la Scrittura ci assicura che "nel calpestio del popolo", nella polvere dei nostri peccati, lo Spirito del Signore accende i suoi roveti come ha fatto con Mose' e i suoi profeti; il Padre rallenta il passo sul ritmo del nostro, "sul passo degli ultimi e il Figlio si fa salvezza e ci cammina a fianco: «venuto non per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato» (Gv 3,17).

Dio allora è relazione. Noi abbiamo tanto bisogno di relazioni, perché  abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Per vivere in pienezza e autenticità  le relazioni pero' è necessario riconciliarci con il nostro passato, con le ferite del nostro passato, con quelle ferite che abbiamo subito e quelle che abbiamo vissuto, perché così soltanto possiamo ricomporre quella che è l'armonia della nostra stessa persona, la nostra vita di sempre. Solo così  possiamo capire gli altri e possiamo entrare in una giusta relazione con l'altro, accettandolo, accogliendolo così come vorremmo accogliere noi stessi e accettare noi stessi.    

Chiediamo al Signore che dia a tutti noi la gioia di entrare in relazione con Lui entrare in intimità con lui, nella grazia del suo Spirito e partecipare  alla gioia senza fine.

don Alfonso GIORGIO



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