Il coraggio di essere luce in mezzo alle tenebre

Pubblicato: 26/10/2024
Il coraggio di essere luce in mezzo alle tenebre

In questa domenica il personaggio che spicca è Bartimeo, figlio di Timeo, un cieco. Quest'uomo è cieco dalla nascita e porta nel cuore questa sofferenza di non poter vedere, di non poter incontrare e scrutare con gli occhi della carne il mondo che lo circonda.

Però probabilmente, come spesso si sente dire dalle persone non vedenti, (nel momento apostolico ciechi): i ciechi possono comunque "vedere" e forse in alcuni casi riescono a vedere meglio, a vedere dentro, a vedere di più, a vedere oltre. Ma questo, non per autoconsolarsi, per darsi una medaglia di consolazione, ma piuttosto per affermare che davanti a Dio quello che conta realmente è che ci sentiamo liberi, che siamo felici, perché Lui vuole la nostra felicità, in qualunque situazione ci troviamo.

Il cieco sente parlare di Gesù e gli vuole correre incontro, gli grida, non sa dov'è di preciso, proprio perché è cieco, però vorrebbe attirare la sua attenzione, mentre chi gli sta vicino lo vorrebbe bloccare, il popolo vorrebbe contrastare la determinazione di Bartimeo, ma egli grida ancora più forte.

E' interessante considerare questa insistenza nella supplica, nella preghiera rivolta a Gesù. Anche noi, forse dovremmo avere la stessa audacia nella preghiera, insistere, forse gridare di più, chiedere al Signore, chiedere con insistenza e avere il coraggio, in mezzo all'assemblea, senza vergognarci di elevarci, di metterci in piedi e gridare a Dio, parlare con Lui.

La realtà è diversa perché molto spesso, come credenti, tendiamo a nasconderci e non riusciamo sempre ad essere coerenti con noi stessi, audaci tanto da metterci la faccia e mettere in pubblico quelle che sono le nostre convinzioni spirituali. Questo stile del nascondimento somiglia a quella storia del talento ricevuto da Dio e nascosto e questo modo di rimanere defilati, talvolta provoca non pochi danni alla missione, perché se tutti i battezzati che sono nel mondo esprimessero la propria fede, così come fa questo cieco che grida, chiede aiuto, grida a Dio per farsi riconoscere, tanto che Gesù ascolta la sua preghiera, allora il mondo sarebbe diverso.

Tante volte pensiamo che il Signore non ci ascolti, ma poi, può succedere che invece ci ascolti, come nel caso di Bartimeo. Il cieco gli chiede di riavere la vista, che possa vedere, che possa incontrare, relazionarsi bene con gli altri e come tutti gli altri. E il Signore glielo concede, perché forse è questo che Lui voleva per Bartimeo in quel momento. Anche noi dobbiamo capire se la nostra richiesta corrispomde alla volontà di Dio.

La preghiera dovrebbe essere un affidarsi, darsi al Signore e pregare per quello che è giusto per noi, per quello che Lui ha pensato per noi.

Interessante è il gesto che fa' il cieco con il cui scatto, quando balza in piedi e lascia il mantello. Non gli importa piu nulla, cioè lascia tutte le sue convinzioni e abitudini, tutto quello che è il suo patrimonio, in quel mantello, quella sua unica consolazione. Abbandona tutto, cio' che corrisponde ad "un prima" per proiettarsi verso la novità di un "dopo".

Il "prima" che corrisponderebbe al suo rimanere chiuso nel mantello, con un senso di protezione avvertito proprio nel rimanerne avvolto e stando in disparte dagli altri. E il "dopo" che comincia proprio con questo slancio verso il Signore, questa capacità di esporsi, di uscire da se stesso.

Nel cammino di fede ci dovrebbe essere sempre un dopo, un cammino nuovo che ti permette, in senso spirituale, di passare dalle tenebre di una vita di peccato alla luce della gloria di Dio.
Bisogna dire che il miracolo della guarigione del cieco, voluta da Gesù, assume anche un alto valore simbolico, nel senso pieno del termine. In quello stile tipico evidenziato soprattutto nel Vangelo di Giovanni. Diventa un segno messianico, una conferma della venuta del Signore in mezzo a noi. Lui ci porta una luce, e ci fa' diventare testimoni della Sua luce.

L'auspicio piu alto alla luce di questo Vangelo è che possiamo tutti, con coraggio, gridare al Signore, parlare con Lui, testimoniare la nostra fede anche in pubblico, senza vergognarcene. Cosi vome afferma San Paolo: "io non mi vergogno del Vangelo", che è luce, questa luce che poi diventa il segno che la Chiesa è attenta ai poveri.

Don Tonino Bello senza mezzi termini dichiarava: "una Chiesa che non si mettesse al servizio dei poveri e che non mettesse i poveri al centro, non li considerasse come protagonisti nella stessa evangelizzazione, - come nel caso di questo cieco che è povero a motivo della sua disabilità e della sua fragilità -, una Chiesa che non valorizzasse i fragili, sarebbe poco credibile!". Sono parole profetiche, se pensiamo che, ora Papa Francesco, continuamente le conferma con il suo agire pastorale.

don Alfonso GIORGIO



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