Il coraggio e la gioia di rimanere uniti a Cristo

Pubblicato: 27/04/2024
Il coraggio e la gioia di rimanere uniti a Cristo

Siamo ancora nel tempo di Pasqua e questa domenica il Vangelo ci propone ancora una volta un'immagine tratta dalla vita antica, da quelle che un po' sono le nostre radici agricole. Si parla di vite, di tralci.

Gesù ci rimanda a questa immagine, a quella vite, che poi, come sappiamo, produce l'uva e dagli acini macinati, il vino: una bevanda antica che non manca nelle nostre celebrazioni, perché Gesù si è servito proprio del vino per parlarci di sé e del Suo sangue versato per noi.

Ma oltre questo aspetto teologico, direi che il Vangelo sposta la nostra attenzione anche su un altro fatto importante della vita di fede, ed è appunto quello della perseveranza, del rimanere uniti a Cristo a tutti i costi, del cercare di rimanere sempre uniti a Lui come i tralci alla vite.

La vita ci riserva, ovviamente, momenti di stanchezza, di sconforto, momenti difficili nei quali, purtroppo dobbiamo fare i conti con i "tagli".

Talvolta avvengono tagli inaspettati. Ci sono situazioni, circostanze che ci fanno soffrire, e ci mettono nella condizione di allontanarci anche da Dio. Qualcuno addirittura se la prende con Lui. Ci sono sofferenze che ci fanno andare oltre quella felicità, quella beatitudine che il Vangelo ci propone. Ma talvolta rimanere uniti a Dio ci viene veramente difficile, specialmente se ci sentiamo delusi....e così rischiamo di essere "gettati via", cioè di rimanere distanti dall'amore di Dio. Ecco perché bisogna avere fiducia e capire quella differenza tra "taglio" e "potatura".

Con il taglio si vuole intendere qualcosa che dobbiamo eliminare, che dobbiamo proprio escludere, allontanare; qualcosa che non possiamo più recuperare. Mentre per "potatura" intendiamo un taglio che diventa fecondo, un taglio che è necessario perché solo tagliando, solo sfrondando, eliminando quei rami, quelle situazioni magari di peccato, quei sentimenti, quelle circostanze, quei grovigli che rischiano di bloccare la vite stessa portiamo frutto.

Parliamo di difetti, "contorcimenti" del tratto caratteriale, aggressività, impazienza; di tutte quelle modalità relazionali che, magari, ci fanno apparire aspri, acidi come l'uva non adatta a diventare vino; oppure parliamo di orgoglio, presunzione di essere sempre nel giusto nonostante distanti dalla vera Vite; si trattra di tutti quegli aspetti negativi della nostra vita che possono essere "tagliati" proprio a mo' di potatura, cosicché il ramo possa ancora crescere; i tralci possano diventare rigogliosi, dopo essere stati tagliuzzati, potati.

La potatura è la vita stessa che ci dice da dove effettivamente veniamo e dove andiamo, costantemente messi alla prova. È necessario perché le prove servono per crescere. Certo, se ci fermiamo alla prova in sé, al taglio, finiamo per soffrire di più, perché non riusciamo a vedere oltre.

Per capire dobbiamo andare oltre quel taglio, perché si comprende il senso di quella potatura, dai frutti che porterà in seguito. Senza fretta perché come affermava don Tonino Bello non bisogna avere l'urgenza che deriva dalle scadenze perché "anche Il Signore usa i tempi lunghi nel suo agire con l'uomo".

Il messaggio di oggi, quindi, è molto semplice. È vero attinge ad un linguaggio e ad immagini che riguardano il passato, ma tutti possiamo comprendere il senso di questo messaggio, che ci invita a rimanere uniti.

"Se rimanete in me, e io rimango in voi, porterete molto frutto".

E noi, ecco, ci auguriamo di portare molto frutto nel nome di Gesù.

don Alfonso GIORGIO



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