L'Amore di Dio non si consuma

Pubblicato: 22/03/2025
L'Amore di Dio non si consuma

Siamo alla terza domenica di quaresima e ancora una volta viene per noi l’invito alla conversione. Passano gli anni e la storia continua, sembra che non si arrivi mai ad un quid, sul piano della fede che non si possa mai dire: “ecco, ora sono pronto, ho fatto tutto bene, posso camminare con serenità, son perfetto umanamente e spiritualmente”. Non può essere così perché l’uomo è sempre “in divenire”, ed è necessario mettersi sempre in discussione.  Penso in questo momento a Mosè che dopo tanti anni, ormai lontano dall’Egitto, nel deserto, assiste a quel prodigio del fuoco che brucia e non si consuma (cfr. Esodo 3,2). Una voce gli parla affinché si metta in cammino, così da formare un popolo ed essere proprio lui la guida di quegli schiavi liberati verso la vera libertà, significata dalla Terra Promessa.

Ma cos’è questo fuoco che brucia e non si consuma? “E’ l’amore”, ebbe a dire Benigni in un suo monologo sulla Divina commedia. E’ il Signore “Dio amore”; è Cristo che ci ama e ci vuole diversi, cambiati, nuovi dentro l’anima. Il tempo di Quaresima allora viene in nostro aiuto quale occasione  per cambiare vita, per essere cristiani nuovi.

Può capitare che la morte arrivi all’improvviso. Il Vangelo ci mette dinanzi a queste antiche e conosciute notizie di cronaca del tempo, ma il nostro pensiero va anche alle tante tragedie cui assistiamo sempre nelle nostra vita, a quelle morti improvvise che ci lasciano di stucco:  penso all’attentato delle torri gemelle, a quella funivia che ha ucciso un’intera famiglia, crolli improvvisi, frane, la carneficina in atto in queste guerre assurde, le morti innocenti, ecc.. La morte può capitare all’improvviso e a tutti, in ogni situazione. Allora bisogna esser sempre pronti e prepararsi all’incontro con il Signore, in modo da avere qui una vita degna e in eterno una vita beata.

Questo è il messaggio che Gesù vuole darci: bisogna prepararsi alla vita eterna. Sempre devi esser presente a te stesso e prepararti: “perirete tutti allo stesso modo”, cioè  all’improvviso ma c’è sempre la bontà di Dio che ha pazienza con noi ed è Gesù ad intercedere  perché vengano date altre opportunità come per il fico della parabola citata,  affinché possa riprendersi e dare frutto in futuro. 

Il cammino intrapreso da Mosè, il cammino che la Chiesa ci popone indubbiamente può favorire questo processo di conversione. A riguardo don Tonino Bello dice che il cammino va considerato come un costume che deve caratterizzare la nostra vita. “È difficile per noi sottoporci alla conversione permanente, amiamo pagare una volta per tutte. Ci stabilizziamo nel ristagno delle nostre abitudini, dei nostri comodi. Il cammino come costume ci fa paura; e affrontare il rischio di una itineranza faticosa e imprevedibile ci rattrista. Lo Spirito Santo ci chiama a lasciare il sedentarismo dei nostri parcheggi, ci obbliga a pagare, senza comodità forfettarie, il prezzo delle piccole numerosissime rate di un impegno duro ma innovatore”. (Don Tonino Bello, Alla finestra la Speranza). L’intento è metterci sempre sulla strada anche laddove possono incombere pericoli, con la consapevolezza che nulla potrà accaderci se confidiamo in Dio e nemmeno la morte potrà farci paura.

La bontà di Dio è grande è proprio Lui il “padrone della vigna” della parabola del “fico senza frutti” ; unito al Figlio, ha già compiuto la sua missione in questo mondo con la sua morte e risurrezione e ha lasciato il “terreno” della Chiesa, con i suoi fichi e le sue vigne, alle cure dello Spirito Santo. Alla fine ci sarà sicuramente un giudizio finale sulla qualità della nostra vita in questo mondo! Ma l’insistenza del vignaiolo-Gesù, che intercede presso il suo padrone per avere pazienza di fronte al fico infruttuoso, ci ricorda che “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rm 8,26). Il lavoro del vignaiolo, che lavora la terra perché il fico delle nostre vite torni a dare frutti buoni di gratuità e di carità, può significare per noi, in concreto, quella possibilità che ci viene sempre accordata di ricominciare, crescere, rinnovarci, cambiare proprio con l’aiuto della Chiesa  che oggi continua l’opera del divino vignaiolo.

A Mosè  fu rivelato che il nome di Dio, Yahweh, significa davvero la certezza della sua presenza nella sua vita e nella storia del suo popolo: “io sono colui che sono” (Es 3,15) significa che Dio c’è e ci sarà sempre. Pertanto dobbiamo essere certi che la misericordia e la fedeltà di Dio ci accompagnano in ogni fase della nostra vita.

don Alfonso GIORGIO



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