La “Fine di un mondo” in attesa della fine del mondo

Pubblicato: 16/11/2024

Mc 13, 24-32

La “Fine di un  mondo” in attesa della fine del mondo

Ci avviamo alla fine dell'anno liturgico e i Vangeli e tutti i testi biblici delle liturgie fanno riferimento ai temi ultimi, ai cosiddetti "novissimi": e cose che succederanno all'uomo alla fine della sua vita: la morte, il giudizio, il destino eterno.

La fine di un anno liturgico diventa così l'occasione per prepararci, in un certo senso, alla morte o meglio a riflettere sulla fine del mondo, la fine dei tempi evocata dalle Sacre Scritture. Si fa qualche riferimento anche alla nostra morte, per quello che noi sappiamo della fine di ciascuno di noi e per quello che la Bibbia può dirci.

Ognuno di noi qui, su questa terra è certamente di passaggio. La vita che ci è stata donata si dovrà "connettere" con quella che è la sorte di un mondo intero, per cui non si fa solo riferimento a noi, persone umane, ma a tutto il cosmo inteso nel suo insieme di creature umane ed infraumane, cosi come ci ricorda la Lettera ai Romani di San Paolo quando afferma che la rivelazione futura dei figli di Dio è anche oggetto di una ardente aspettativa (apokaradokia) da parte di tutta la “creazione” (ktisis) (Romani 8, 19). Questo termine indica qui non tanto l’atto del creare, quanto l’insieme delle realtà create. Ispirandosi al racconto della creazione Paolo ricorda che “la creazione è stata sottoposta alla caducità, – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Romani 8, 20).

Gesù ci parla di questa fine, quasi come “sbobinando un nastro” di un film in anticipo, per farci arrivare subito al finale come per rovinandoci la storia, ma il fatto è un altro: si tratta di un preavviso, ci ama e per questo ci vuole avvisare, ci vuole preparare, perché quel che realmente conta, per ciascuno di noi, è prepararsi all'incontro con l’Eterno, oltre che riconoscere che questo mondo prima o poi finirà e che tutto questo accadrà. Questo ci dicono testi biblici, il Vangelo ci dice che “il sole si oscurerà”, che “le stelle cadranno” ma l'uomo può essere in grado di vedere oltre. E’ una capacità, questa che Dio ci ha dato: guardare oltre noi stessi, oltre tutto ciò che è materiale. Voi che sapete vedere, sapete riscontrare quando un ramo diventa tenero, quando si formano le foglie, quando germoglia, e dite che l'estate è vicina, - è strano, Gesù avrebbe dovuto dire la primavera è vicina, ma in realtà in Palestina la primavera è un tempo così ristretto che subito viene l’estate ed è a questo che si riferisce: il tempo di germogli, tempo di vita, - lo sapete vedere, allora dovreste saper cogliere anche i segni dei tempi.

È questo è il senso: capire che vi sarà una fine. Così come diceva don Tonino Bello però, non si tratta della fine del mondo in quanto tale, ma "la fine di un mondo", del mondo vecchio corrugato dal peccato, del mondo caratterizzato dai soprusi, dai più forti sui più deboli, del mondo in cui la violenza sempre avrà la meglio sulla pace, in cui le guerre si moltiplicano, verrà la fine di questo mondo e anche della fine del mondo, anche di tutti i fallimenti. Ecco perché quando gli apostoli lo inducono a considerare la bellezza, la sontuosità, la potenza delle pietre del Tempio, Gesù dice loro che “di queste pietre non ne rimarrà neanche una”, tutte soccomberanno, tutte cadranno, tutto sarà distrutto!

Il Maestro vuole ricordare agli apostoli, ma oggi, a ciascuno di noi che anche nei fallimenti il Signore è con noi, quindi se noi parliamo della fine del mondo in termini apocalittici pensiamo alla tristezza e al dolore di qualche cosa che non ci sarà più, ma per Gesù invece, è diverso poiché Egli ci vuole dire che non è in queste cose che noi dobbiamo fissarci ma piuttosto, dovremmo cogliere il senso di questa fine, in quanto inizio di una vita nuova, un ritorno glorioso, un ritorno di pace, un ritorno di amore che giungerà al suo compimento. Quello che è stato il cammino iniziato con Lui su questa terra giungerà alla pienezza. È questo compimento che noi siamo chiamati a testimoniare, cioé la nostra fede in Lui, fino alla fine e con gioia impegnarci ad attendere, a sapere attendere come si fa per le cose belle, per le cose che contano, alimentare il desiderio, desiderare con gioia!

Quando poi le cose attese arrivano il cuore è colmo di gioia. Se questo vale per le cose ancor più vale per l’amore di Dio che viene a noi, perché in fondo di questo si tratta.

La fine allora non è l'ineluttabilità delle cose ma addirittura quell’ occasione unica di essere avvolti per sempre dall’Amore di Dio, il compimento della nostra vita.

don Alfonso GIORGIO



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