La forza della Chiesa è nella realizzazione dei Segni di Dio

Pubblicato: 17/06/2023

 Matteo 9, 36 – 10,8 

La forza della Chiesa è nella realizzazione dei Segni di Dio

Riprende a pieno il tempo ordinario dopo le pause importanti sui temi della SS Trinità e della presenza reale di Cristo nel mistero dell’Eucaristia, celebrato con la festa del Corpus Domini. Adesso rientriamo in quello che è chiamato da sempre il tempo ordinario, cioè, entriamo  nell’ordinarietà delle cose quotidiane, insomma, in quelle che sono praticamente le incombenze di sempre, le riflessioni, le situazioni che riguardano ogni credente, la vita di ogni credente.

Il brano del Vangelo di Matteo scelto per questa domenica ci descrive un popolo che appare come un “gregge senza guida”, un popolo sfinito un pò affranto, stanco. Potremmo dire, - attualizzando – che si tratta di un popolo senza valori, dove, ad esempio, la vita di un bambino viene barattata per l’ottenimento di qualche followers mentre un’auto a tutta velocità guidata da giovani senza scrupoli sfreccia in prossimità di una scuola; dove si uccidono mamme in attesa di un figlio, donne indifese solo per mantenere quello stile di vita narcisistico standard propinato dai media e dalla cultura del momento.

Accadono cose ignominiose, si compiono crimini efferati e il narcisismo fa da padrone affinché sia  sempre salvaguardato il proprio tornaconto, sempre avanti e prima di ogni altra cosa e siano sempre i più belli e i più forti a farsi strada, mentre i fragili vengono discriminati ed emarginati. 

In qualche modo, soprattutto oggi, abbiamo un quadro di stanchezza corrispondente prorio allla descrizione che fa il Vangelo. Si ama spesso per interesse; è difficile trovare un amore, vero e sincero. C’è tanta falsità ma ci sono anche, grazie a Dio, tanti germi di bene, anche se  sembrano essere soffocati dal male.

In questo contesto Gesù si commuove, appare così, come un Dio che nella sua tenerezza, si commuove. Piuttosto che scagliare dardi di dissenso e saette punitive o cambiare lo stato di cose con un gesto di potere preferisce essere solidale con noi perché capisce che siamo vittime del nostro egoismo e della nostra presunzione di poter spadroneggiare sugli altri e su tutte le creature del mondo.

Non è un Dio debole o inerme ma un Dio misericordioso il nostro che non può fare nulla contro la nostra libertà, che ci vuole liberi, anche se questa libertà ha un prezzo molto salato. Ciononostante non smette mai di amarci e di aspettare e credere nelle nostre possibilità di cambiamento. Noi ci aspetteremmo magari che dicesse, dinanzi a questo sfascio: “sono io”, “ora prendo in carico tutto io”, “intervengo personalmente”, ecc.  Invece, sorprendentemente chiede che siano gli altri, che la sia la Chiesa, da Lui stesso costituita attraverso la chiamata degli apostoli, la Chiesa da Lui “inventata” a prodigarsi nella missione di offrire nuove opportunità di “riposo spirituale” e cambiamento al mondo stanco e corrugato dal peccato.

Gesù chiede alla Chiesa, che Egli stesso ha voluto così – sin dall’inizio - componendola attorno a persone fragili e contradittorie, di intervenire. Noi battezzati siamo parte di questa Chiesa, siamo la Chiesa. 

Gesù sa bene che l’uomo è debole ma continua a fidarsi di noi perché sa anche che dentro ogni persona sono seminati i semi di bene e che ogni battezzato può rendere testimonianza di amore a Cristo, se toccato veramente dalla Grazia di Dio. Gesù si aspetterebbe - per usare un’espressione di don Tonino Bello, - una Chiesa che  impari sempre più a sognare.

Il santo vescovo di Molfetta affermava infatti che “una Chiesa che non sogna non è Chiesa ma solo un apparato … Non può recare lieti annunci una realtà che non viene dal futuro, solo chi sogna può realmente evangelizzare”. La realtà infatti conferma che spesso, proprio nella Chiesa vi sono tante contraddizioni, ma non possiamo non considerare la grandezza di fede di tanti anche anonimi - che in realtà sono molti di più  degli incoerenti – che son costantemente “in trincea” e che hanno contribuito  e continuano a contribuire molto nel processo di trasformazione della cultura per rendere più umana, più  giusta e amorevole la nostra società con la santità di una vita veramente evangelica.

Bisogna essere vigili perché l’incoerenza evangelica è un grande motivo di scandalo per il mondo e, in effetti una Chiesa incoerente diventa terreno fertile per seminare il male. Così come spesso afferma Papa Francesco l'incoerenza può diventare “l’arma del diavolo” che distrugge la vita buona e soffoca ogni germe di bene. Dobbiamo prodigarci affinché se anche ci ritrovassimo in  quella situazione di stanchezza tratteggiata dal Vangelo, non smettessimo mai di sostenere quello stesso popolo di cui siamo parte viva. Il popolo di Dio non può lasciare indietro i più deboli, i più fragili anche se peccatori e lontani dall’Amore di Dio.  

S. Antonio da Padova in uno dei suoi sermoni affermava: “si dice degli elefanti che quando devono affrontare un combattimento hanno una cura particolare dei feriti: infatti li chiudono al centro del loro gruppo insieme con i più deboli. Così anche tu accogli nel centro della carità il prossimo debole e ferito”.

Credo che la Chiesa dovrebbe fare questo: prendersi cura di tutti soprattutto dei più deboli. Solo se diventiamo uomini e donne spirituali, cioè pieni della fiducia e dell’Amore di Dio, attenti e protettivi con i più fragili, capaci di essere in comunione con tutti, di ricostruire già oggi il paradiso da cui veniamo e verso cui andiamo diventiamo – nonostante le incoerenze -  quella Chiesa “sognata” da Gesù .

don Alfonso GIORGIO



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