La parabola delle tre "s"

Pubblicato: 15/07/2023

Mt 13, 1-23

La parabola delle tre "s"

Gesù ama tanto parlare in parabole, diciamo che, in un certo senso è il suo linguaggio preferito. Peraltro possiamo dire circa le parabole che troviamo nei Vangeli che sicuramente si tratta di testi che vengono proprio dal suo cuore, dalla sua bocca, sono certamente parole Sue, parole preziose che ci rivelano proprio quella parte geniale, del Suo linguaggio.

Questa domenica il Vangelo ci propone la parabola del seminatore. Gesù usando questa immagine agricola, in un contesto spirituale, per certi versi, potrebbe apparirci incongruo, con l'immagine di un seminatore che lancia il seme sui sassi, sui rovi, sulla strada, come uno sprovveduto, incompetente. In realtà "Seminatore" è uno dei più bei nomi attribuibili a Dio. Un illogico seminatore, che stranamente spera anche nei sassi, nelle spine, in una strada compatta e dura; un prodigo inguaribile.

Una sorta di sognatore che vede il bene e la vita ovunque, sempre convinto che persino un rovo possa trasformarsi in un albero fiorito.
Dalle immagini usate da Gesù emerge una visione emozionante dell'umanità: questa nostra storia è sempre perfettibile, è come una terra ricolma di speranza, dove intorno, nonostante le durezze e aridità degli uomini, è tutta vita che cresce, spunta e matura. Il Regno quindi si specchia in quella primavera di fiducia nella vita crescente.

Il seminatore, che noi giudicheremmo troppo distratto è proprio il nostro Dio che vuole entrare nella nostra umanità imperfetta senza escludere nessuno.
A volte siamo duri con noi stessi e con gli altri, feriti, spinosi, non proprio accoglienti e fertili, ma Lui ci vuole così come siamo e abbraccia la nostra fragilita' perché vede oltre, ci vede perfettibili, vede in noi la Sua immagine e somiglianza e spera sempre in nuove primavere e nuovi e abbondanti raccolti.

Don Tonino Bello nel commentare questa parabola parlava delle "tre S": la strada, i sassi e le spine in riferimento alle quali dobbiamo capire fino a che punto noi vogliamo accogliere questo seme della Parola di Dio, cioe' in quale di queste "S" vogliamo ritrovarci.
Ci dobbiamo augurare che non cada sul nostro cuore il seme della Parola trovandoci aridi come quella strada, come quei rovi o come quei sassi.

Nella parabola si parla, ovviamente di terreno buono e Gesù si aspetta da noi di coincidere proprio con questo tipo di terreno accogliente e fertile. Un terreno buono in risposta alla generosità del divino seminatore il quale lancia i suoi semi a piene mani convinto che questa Parola di salvezza deve essere seminata in ogni cuore, in ogni dove, in ogni situazione che non esistono in assoluto, i cattivi da una parte e i buoni dall'altra, anzi nel cuore di Cristo misericordioso, nel cuore di Dio vi è spazio veramente per tutti.

Esiste quindi la possibilità di rispondere con generosità alla logica del seme, di rispondere con prontezza alla Parola che il Signore semina nei nostri cuori.

Tocca a noi, alla nostra libertà decidere quale terreno vogliamo essere, quale umanità vogliamo offrire a questo seminatore: un'umanità arida e stopposa, un terreno entusiastico con quella generosità iniziale per cui il seme in un primo momento germoglia addirittura, ma poi si avvizzisce perché non essendo terreno fertile si perde o un terreno sempre fecondo, costantemente irrorato dalla preghiera e da una vita di fede autentica?
Una cosa è certa il seme ricevuto va alimentato: dobbiamo irrorarlo, dobbiamo costantemente prendercene cura perché possa sempre e costantemente germogliare in noi.
Questo è il senso del messaggio di questa parabola: dobbiamo augurarci di essere davvero un terreno buono, un terreno attento e pieno di vita evangelica; un terreno pronto e accogliente.

don Alfonso GIORGIO



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