La povertà evangelica nel MAC

Pubblicato: 08/06/2022
La povertà evangelica nel MAC

Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica, prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Anche chi nuota nell’oro in alcuni momenti della vita può divenire assolutamente povero. Per cui mi sento legittimato ad applicare anche al MAC tutte le indicazioni che vengono dal vangelo e sono abbondantemente confermate dal Magistero di questo Papa, soprattutto con l’ Evangeli Gaudium.

Di fronte a tutto ciò è fondamentale un cammino di conversione. (Cfr il Tema annuale per il MAC che ci invita al rinnovamento, e a partire da noi stessi, personalmente). L’annuncio evangelico, infatti, avviene efficacemente quando ci si sa mettere in atteggiamento di conversione (cfr. Evangeli Gaudium n. 201).

Nella particolare situazione di chi può sentirsi posto ai margini o addirittura un peso per la società è importante che “i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come “a casa loro” e quindi sempre membri importanti di una famiglia. A riguardo ogni cristiano, ogni comunità, e quindi anche il MAC, è chiamato ad essere strumento di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società.

L’apostolicità della Chiesa e/o di un gruppo, o movimento che vuole vivere la missione in comunione con tutta la Chiesa è inscritta nel mandato missionario di Cristo ai suoi discepoli quando li manda nel mondo: “Guarite! Toccate il cuore di coloro che incontrate! Liberate dal peccato e testimoniate la gioia di essere credenti, sostenete i poveri e tutti coloro che vivono una qualche fragilità”[1].

IL MAC, anche alla luce del vangelo e del cammino che la Chiesa sta facendo, specialmente in questi ultimi anni, dovrebbe comprendere la necessità di “partecipare al fine apostolico della Chiesa” (Cfr Apostolicam Actuositatem, CEI Le aggregazioni laicali, Giovanni Paolo II Christifideles Laici, ecc.), perché evangelizzare implica zelo apostolico. Evangelizzare implica nella Chiesa la parresia di uscire da se stessa.

La Chiesa è chiamata ad uscire da se stessa ed andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, della sofferenza, dell’ingiustizia, dell’ignoranza, dell’indifferenza religiosa e del pensiero, quelle di ogni forma di miseria. Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e allora si ammala (si pensi alla donna curva su stessa del Vangelo). I mali che, nel trascorrere del tempo, affliggono le istituzioni ecclesiastiche hanno una radice nell’autoreferenzialità, in una sorta di narcisismo teologico. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sè e non lo lascia uscire. (Cfr Evangelii Gaudium nn. 20,24,93,95).

Parlare di periferie non è solo un concetto anzitutto geografico, ma decisamente antropologico, è un richiamo a definire che cosa sta al centro dei pensieri e dello sguardo di Gesù in riferimento all’umanità. Bisogna lasciarsi guidare anzitutto dalla eloquenza dei gesti di Gesù verso i poveri, gli ammalati e disabili in genere, e poi dal gesto supremo della croce dove Gesù si fa carico, cioè “passa attraverso” la sofferenza e la morte per darne un altro significato. Il Suo amore per i poveri, gli emarginati e gli esclusi dalla società è palese!

Del resto tutto l’evangelo è inequivocabilmente indirizzato ai poveri: “Sono venuto a portare la Buona novella ai poveri” (Cfr Mt. 11, 5). Un annuncio buono e salutare che ti cambia la vita.

Come si colloca il MAC in tutto questo? Vuole dare un annuncio buono, una buona notizia, messaggi che incoraggiano, una parola che salva, guarisce, libera, dà speranza, infonde gioia nei cuori o si limita semplicemente a “mantenere”, amministrare, gli equilibri interni alla vita dei gruppi, per conservare e preservare quello che è stato vissuto e attuato nel tempo?

In questa civiltà cosiddetta “dei consumi” dove una persona vale per quello che possiede, non per quello che è ma per quello che ha (Cfr. J. P. Sartre, L’esistenzialismo è un umanismo (1945), Mursia Milano 1990), dove il conflitto, la competizione, la logica del sorpasso e del successo finiscono col caratterizzare ogni relazione umana, non ci si meraviglia se non si è più disposti ad ascoltare, non si riesce a stare a passo con chi è più lento degli altri. Proprio per questo, il compianto servo di Dio, Don Tonino Bello – direi, in modo profetico -  ha impostato il suo ministero episcopale sulla povertà evangelica ed ha chiesto alla sua diocesi di porsi “Sul passo degli ultimi” con un programma pastorale tutto proteso a rovesciare l’ordine delle cose, per dare più immediato spazio all’accoglienza dei poveri, dei sofferenti e dei più esclusi. 

don Alfonso GIORGIO

 

[1] Cfr. Mt. 10,1



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