Non "spezzoni" di felicità ma, con Gesù, felicità piena

Pubblicato: 02/09/2023

Mt. 16 21-27

Non "spezzoni" di felicità ma, con Gesù, felicità piena

In questa domenica continua il nostro percorso di fede che facciamo in questa estate con tutta la Chiesa sparsa nel mondo. Dalla pericope evangelica propostaci in questa liturgia cogliamo un fatto fondamentale e cioè che non basta sapere chi è Gesù.

Nei versetti precedenti, infatti è Lui stesso a porre la questione e con una sorta di sondaggio a verificare le risposte.
A Cesarea di Filippo, una città importante che in quel tempo era uno dei luoghi più lontani dalla fede ebraica, Gesù, per bocca di Pietro riceve una bella e profonda professione di fede ma il fatto è che non ci si può limitare a dire la fede e basta, occorre viverla, occore seguire il Maestro, camminare secondo quella che è la sua logica e il suo messaggio d'amore, ottemperare alle sue richieste per dirsi poi pienamente suoi discepoli. Del resto anche Satana sa chi è Gesù.

I demoni, tutti assieme, sanno benissimo chi è Gesù e lo temono. "Sei venuto a rovinarci", dicono in altri passi del Vangelo in cui si ricorda come Gesù li mette a tacere.

Ebbene, proprio Pietro, a cui Gesù aveva - pochi versetti prima - affidato la Chiesa rinominandolo Pietro, non più Simone, ma pietra, roccia sulla quale fondare la Sua Chiesa viene subito dopo, denominato "satana". Pietro vuole bene a Gesù non vorrebbe che soffrisse, non lo vorrebbe assolutamente vedere crocifisso, ma il disegno di amore di Dio passa proprio attraverso la croce. Comprendiamo che si tratta ancora di un uomo pieno delle sue convinzioni, delle sue idee e che Pietro ha ancora molto da imparare.

Chi vuole opporsi al Suo disegno è "Satan" cioè oppositore, e si pone come ostacolo..
Gesù coglie l'occasione per esortare al rinnegamento di se stessi, che non significa annullamento della propria identità e personalità ma rinuncia umile a rimanere fissi sui propri principi e convincimenti, per aprirsi al nuovo e all'amore di Dio. Per seguire Gesù, infatti - Pietro poi lo ha imparato - bisogna condividere il Suo stile di vita, essergli vicino, seguirlo pienamente aderendo alla Sua logica, fino ad essere capaci di portare la croce con Lui, per Lui, e anche per gli altri.

Circa la croce bisogna sgomberare il dubbio principale: la croce non schiaccia, non abbatte, non distrugge, non umilia perché portare la croce significa, appunto "sposare" questa causa di amore gratuito, questa Grazia per tutti, cioe' essere capaci di immolarsi, essere capaci di amare tutti, persino i nemici, come Gesù. Esporsi al sacrificio, al ludibrio, all'umiliazione, così come facevano i romani con i condannati.

Gli apostoli sapevano bene che i romani usavano questa tecnica orribile che consisteva pure nel far portare il legno della Croce sulle spalle dei condannati, per poi crocifiggerli. Ed è per questo che Pietro vorrebbe che ciò non accadesse, ma Gesù lo chiama "Satan", cioè "pietra di inciampo", non più pietra sulla quale fonderà la Chiesa, ma in quel preciso momento solo pietra d'inciampo.

Comprendiamo quindi che noi diventiamo "pietra di inciampo" nel dispiegarsi del progetto di Dio, quando facciamo valere noi stessi, il nostro orgoglio, quando non riusciamo a mettere da parte il nostro "ego" e non ci alliniamo, non ci mettiamo umilmente alla sequela di Cristo.

Dunque la logica di Gesù consiste in un progetto che ha le sue radici nella volontà del Padre, così come risulta dal rimprovero sopracitato a Pietro che pensava di sovvertirla («non pensi secondo Dio»), e che si sostanzia nel seguire il Maestro («se qualcuno vuole venire dietro a me»).

Comprendiamo come, prima ancora della meta, è il camminare con Cristo che da senso all'agire del credente; perché Egli mi può portare dove io non vorrei mai andare, ma se veramente lo amo, allora - come quanto accade tra due innamorati - mi basterà essere con Lui, vicino a Lui, cuore a cuore con Lui.

Troppe persone, invece, si fanno prendere dall'ansia di ciò che potrebbe accadere in futuro: consacrati, consacrate, presbiteri e parroci che vivono male un trasferimento, laici che rimandano all'infinito il matrimonio perché partendo dal principio dell'agiatezza sostengono che la loro condizione economica non è del tutto soddisfacente.

Chi ha veramente fede sa che il futuro è nelle mani di Dio ma è anche consapevole che, obbedendo ogni giorno alla Sua Parola, la meta della piena comunione con Lui è anticipata nell'oggi di una vita sempre fedele al vangelo.

Se seguiamo Gesù, non sbaglieremo mai. La sequela di Cristo ci permette, sicuramente, per dirla con don Tonino Bello, di vivere la felicità piena, così come lui stesso l'augurava ai giovani: quello che noi tutti desideriamo realmente è essere felici e alimentare la felicità. "Spezzoni di felicità", li possiamo vivere qui, nella certezza di viverla in pienezza in futuro, quando Dio vorrà, ma sempre insieme con Lui perché lì è la vera felicità.

don Alfonso GIORGIO



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