Toccare Gesù per alimentare il coraggio di rimanere in piedi

Pubblicato: 29/06/2024
Toccare Gesù per alimentare il coraggio di rimanere in piedi

In questa Domenica del Tempo Ordinario potremmo dire che il Vangelo ci presenta delle storie la cui caratteristica principale che le accomuna è un intreccio di mani che vogliono avvolgere, mani che vogliono toccare, mani che vogliono condividere: sono anzitutto le mani di Gesù che operano.

L’episodio della guarigione della dodicenne, figlia del capo della sinagoga in Cafarnao, mette in luce questa grande disponibilità di Gesù a toccare e a lasciarsi toccare dall’umanità sofferente che grida il proprio dolore. Giairo a Cafarnao soffre per sua figlia e, anche se la situazione ormai è drammatica,  corre incontro a Gesù, perché ha stima di Lui e ormai tutti conoscono  le sue facoltà, la sua capacità di guarire e dare gioia l’umanità. Mentre è in strada tutti lo deridono: “che ci vai a fare? Ormai è morta, non c'è più nulla da fare”. Ma Gesù lo accoglie, anzi cammina insieme a questo papà.

Mi piace questa attenzione di Gesù che cammina insieme a chi soffre. Comprendiamo quindi che Egli cammina con noi anche quando siamo toccati dal dolore, quando siamo preoccupati per il futuro, quando incombe l’ansia, l'indecisione, quando dobbiamo fare delle scelte gravi, quando magari ci troviamo dinanzi ad una sala operatoria e un nostro parente è lì, che sta per essere operato, lui è con noi.

Mentre noi ci affidiamo al Signore Lui cammina con noi. Lo stesso fa con la bambina e con la donna emorroissa. In questo caso che per così dire si intreccia con quello della bambina, sono le mani di quella donna che vogliono toccare, vogliono vivere un momento di intimità o almeno di esclusività, vorrebbero arrivare almeno al lembo del mantello. E la donna ci riesce. La cosa sorprendente è che Gesù si accorge ed è attento a questa donna, non perché sia interessata alla sua malattia, ma per il fatto che è la stessa persona, nella sua dignità, ad  interessarlo. Vediamo allora come davvero il Signore sia interessato a noi, alla nostra vita, ai nostri vissuti, alle nostre persone, più di quanto potrebbe fare un amico, ci vuole stare accanto.

Dopo la guarigione dell’emorroissa Gesù guarisce quella bambina la prende per mano e le dice: “Io ti dico alzati”! Alzarsi è il segno della resurrezione. Quella bambina che era morta torna in vita, così come Gesù vince la morte, una volta per tutte. Ci vuole far comprendere che la vita, sebbene finisca quaggiù, c'è un proseguo eterno e che Lui è il Signore, il Signore della vita e della morte e soprattutto che la preghiera può essere esaudita se è accompagnata da una fede viva, come quella fede di quella donna cananea.

Questi episodi ove sono le mani ad intrecciarsi e a toccare, mi inducono a fare una breve riflessione circa la religiosità popolare, quasi operando una riconversione in questo senso perché in effetti non dovremmo tanto prendercela con le persone umili, che devotamente, con semplicità, nell’onestà dei semplici  e nella povertà dello spirito, si accostano alle immagini sacre. E’ vero che oggi risulterebbe inutile incentivare l’iconografia, la produzione delle statue, anche perché, in certe situazioni c'è già un gran proliferare di statue e un’eccessiva attenzione alle  immagini sacre, tale da compromettere, confondere e deviare la fede genuina. Ma quando c’è vera povertà di spirito, vero abbandono in Dio attraverso la preghiera, e il desiderio di avvicinarsi al Mistero e anche all'immagine per toccare, per ottenere un miracolo, una guarigione, per essere esauditi o per affidare un proprio caro al Signore, io credo che noi non dovremmo giudicare con superficialità questa fede semplice ma sentita; del resto chi siamo noi per giudicare questa fede popolare e vera?

Quella donna dopo tanti anni di sofferenza è stata esaudita, ma il miracolo è avvenuto non perché ha toccato, ma per il fatto che desiderava toccare Gesù e in questo ha rivelato a Lui la sua fede. E' la fede che l’ha salvata, non il gesto “apotropaico” del toccare. Gesù lo conferma sempre è la fede che ci salva. Quella Fede che ci rende forti e coraggiosi, sempre pronti a rimanere in piedi anche in mezzo alle contrarietà della vita. Come ricordava Don Tonino Bello, dobbiamo essere pronti ad alzarci: “in piedi costruttori di pace”, in piedi, testimoni dell’amore di Dio!

Il motivo perché Gesù dice a quella bambina: “alzati” è perché noi dobbiamo stare in piedi, la nostra dignità deve essere sempre recuperata e sempre dobbiamo impegnarci affinché, anche la dignità dei più fragili, venga onorata e riconosciuta. La fede in Cristo Risorto ci rende forti, capaci di permettere ad altri di alzarsi dal fango dei loro peccati, delle loro miserie, delle loro sofferenze e necessità.

don Alfonso GIORGIO



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