Toccati e salvati dalle dita del Redentore

Pubblicato: 07/09/2024
Toccati e salvati dalle dita del Redentore

Il Vangelo di questa domenica ci dona speranza perché fa comprendere quanto il Signore ci ami, al di là di ogni nostra ferita. Al di là di ogni nostro problema fisico, spirituale o psicologico, Lui ci ama sempre.

L’episodio della guarigione del sordo rientra come sempre tra i miracoli che Gesù compie affinché diventino “segni”, cioè che rimandino ad un “oltre” lo stesso miracolo fisico.

L’intento di Gesù è quello di vederci tutti coinvolti con Lui, nella Sua vicenda e soprattutto tutti “salvi”. Vorrebbe tutte le nostre anime salve, desidererebbe vederci aperti alla vita e alla vita eterna. Infatti il gesto che compie, sempre dopo il consenso dell’interessato, reso evidente dal fatto che lo prende in disparte portandolo fuori è rivelativo: a Gesù sta a cuore la nostra gioia e la nostra salvezza.

Il sordo si lascia condurre in questa intimità, proprio “corpo a corpo con Gesù”; il sordomuto sente questa presenza forte e si affida a Lui. Questa del resto, dovrebbe essere la dinamica della fede: ogni persona che crede o che dice di credere dovrebbe affidarsi completamente al Signore, contare su di Lui, e questo sordo lo fa con umiltà perché vuole guarire, ne aveva sentito parlare, si fida di Lui.

Di contro quello che compie Gesù va al di là della guarigione fisica, poiché con il miracolo gli permette di aprirsi al mondo, in quanto chiuso in sé stesso, nei suoi problemi, nei suoi dubbi, nelle sue angosce, nei suoi silenzi e con le sue ferite profonde.

Il Maestro con le dita, come un artista, da Creatore del mondo qual’ è, gli tocca prima le orecchie, perché possa ascoltare e poi la bocca. A riguardo è bello considerare proprio come appunto siano prima le orecchie ad essere state sciolte, liberate perché dobbiamo sapere prima ascoltare. Su questo punto eloquente mi piace ricordare  la preghiera di Salomone quando dice più o meno così:

Signore dammi un cuore docile, un cuore che ascolta, in modo che sia pronto, capace di fare un serio discernimento nella mia vita così che dopo aver ascoltato posso parlare, si scioglie la lingua e posso dire la gloria di Dio, posso dire la bellezza di averlo incontrato.

L’incontro di Gesù con il sordo ci conferma che c’è un’intimità, che ognuno di noi dovrebbe alimentare con il Signore.

E noi possiamo ritrovarla sempre. Sapete come? Proprio attraverso i sacramenti che ci ha lasciato.

I sacramenti, infatti ci permettono di toccare sempre le dita di Dio, di entrare in intimità con Gesù. Come diceva don Tonino Bello, anche se avessimo delle ferite profonde tali da compromettere la nostra vita il Signore le guarisce e lenisce così le nostre sofferenze, guarisce le nostre ferite, affinché diventino feritoie, cioè diventino spazi, occasioni, luoghi per aprirsi al mondo, per far entrare il mondo in noi. Tutto ciò promuove una certa reciprocità, una sintonia con il Signore, ma al tempo stesso una libertà di fede nel mondo, così da praticare con orgoglio la nostra fede.

Spesso si sente dire in giro tra i cattolici: "siamo credenti non praticanti”, “cattolici non praticanti”, ma questo è un controsenso: non si può rimanere fedeli a Dio senza praticarlo, cioè senza incontrarlo, senza amarlo, né si può praticare la fede semplicemente perché c’è da ottemperare ad una legge o a dei doveri. Si dovrebbe credere, avere Fede perché Dio lo si ama, perché c'è un incontro intimo con il Signore che io posso vivere, proprio nella folla, attraverso la folla, e sarà, tante volte, proprio quella stessa folla a spingermi, a prepararmi all’incontro con Dio.

don Alfonso GIORGIO



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