10 cose da sapere per mangiare da vero giapponese: rafano e zenzero

Pubblicato: 01/07/2024
10 cose da sapere per mangiare da vero giapponese: rafano e zenzero

Sul vassoio del sushi ci sono sempre. La salsina verde acceso e quella rosea a forma di "petali di rosa". Ma cosa sono esattamente, e come si usano?

Il wasabi è un parente nipponico del rafano italiano, più forte e aromatico. La pasta di rafano si fa con una polverina acquistabile in ogni negozio specializzato a cui si aggiunge un poco d'acqua. Dotato di qualità antisettiche è usato da sempre per evitare problemi batterici da pesce fresco.

L'obbligo diffuso ovunque di "abbattere" la materia prima lo rende meno necessario oggi ma resta come aroma e come rito.

Nei ristoranti di un certo livello specializzati in sushi il consiglio di Masamori è quello di provare a non usarlo per niente: in parte è stato già utilizzato dal cuoco per aromatizzare il riso o il pesce e intervenire vorrebbe dire non fidarsi del suo operato.

Non si può non citare qui il caso di  Jiro Ono, maestro tristellato del sushi a Tokyo a cui la Michelin ha tolto tutte le stelle per una sua scelta che va contro ogni filosofia della guida francese: esasperato dai comportamenti "scorretti" di molti suoi clienti internazionali a tavola (dal condire il sushi al troppo chiasso in sala) il maestro ha annunciato, nel 2019, di permettere la prenotazione solo a utenti "esperti". Ovvero, scelti da lui.

Con il sushi in genere si usa mettendone una piccola quantità nella ciotolina della salsa di soia, per poi diluirlo velocemente con la punta di una bacchetta. Oppure c'è chi sfiora appena le punte delle bacchette nella pasta Wasabi fra un boccone e l'altro, o lo applica direttamente sul sushi (dalla parte del pesce), ma è molto facile esagerare.

Avanza del wasabi nella confezione del sushi d'asporto? Ci sono molte ricette per utilizzarle per salse piccanti, cocktail o nei fritti, ma non è semplice dosarlo ne modo giusto, anche perché difficilmente ci si troverà in presenza di vero rafano giapponese.

Lo zenzero (shoga) è la pianta magica della cucina orientale. Antisettica, antitosse e antinausea, aromatica, digestiva e leggermente piccante. Molto usato in molte ricette giapponesi, a tavola lo si troverà spesso nel set del sushi accanto al wasabi. In questo caso si parla sushoga (qualcuno in Italia lo chiama zenzero rosa): zenzero fresco tagliato a fettine sottilissime, o meglio grattugiato con uno speciale attrezzo, tenuto per un poco sotto sale, bollito (con un poco di acqua, sale e zucchero) e conservato nell'aceto

A differenza del wasabi, la materia prima si trova sempre più spesso dal fruttivendolo e la preparazione non è difficile. Il colore rosa e la "carnosità" (nella tradizione dovuto anche a foglie di shiso, basilico, rosso, più spesso a coloranti)) dovrebbe garantirne la freschezza.

Il sushoga, piluccato fra un piatto e l'altro o fra un tipo di sushi e l'altro, serve a pulire ogni volta la bocca e prepararla alla successiva degustazione. 

Assistere al pasto di un giapponese "esperto", se utilizza tutti gli elementi del "set" dovrebbe apparire a questo punto come una specie di danza in cui con le bacchette si "salta" in continuazione dal sushi al wasabi, dal rafano di nuovo al sushi. Una vera e propria cerimonia che rende omaggio alla qualità del piatto.  

 I gyoza

L'antipasto per eccellenza, di solito prima del ramen, i gyoza sono i ravioloni giapponesi. I più tipici nel paese del Sol Levante, quelli serviti in tavola se si chiedono semplicemente "gyoza", sono gli yaki gyoza.

Si fanno con sfoglia di acqua e farina, forma oblunga a mezzaluna, ripieno di maiale verdure e spezie, frittura leggera in acqua e olio di semi.

I gyoza sono relativamente grandi, si servono caldi in porzioni di sei con la parte appena bruciacchiata verso l'alto. A tavola i giapponesi mescolano nella ciotolina aceto di riso e qualche goccia di soia, e ve li intingono appena.

Masanori Tezuka usa al posto dell'aceto per dare acidità succo di yuzu, il delicato agrume giapponese oggi molto amato dagli chef per i suoi aromi. 

Il Ramen

L'unico piatto che come diffusione può essere paragonato al sushi, tra  i piatti giapponesi, grazie alla diffusione anche al supermercato dei ramen liofilizzati istantanei (economici e veloci, piacciono molto ai più giovani) e ai ramen bar, sempre più frequenti in città.

Anche qui però, per provare il vero sapore di questo piatto tipicissimo del Giappone, per certi versi il pasto-tipo base dei locali, occorre fare attenzione. 

Si parla di spaghetti di frumento in brodo, con l'aggiunta di carne (più raramente  pesce), uovo, alghe e verdure.

"La vera differenza la fa il brodo- spiega Masanori Tezuka, che nel suo ristorante lo offre solo un giorno alla settimana - Dev'essere gustoso e saporito perché è lui a reggere tutto il piatto. Il brodo deve cuocere almeno 10 ore per estrarre tutte le proteine degli ingredienti, anche dalle ossa che danno l'umami. Non oltre le 18 ore perché queste ultime no si sciolgano completamente producendo sapori sgradevoli. Gli spaghetti non devono spappolarsi facilmente (per questo occorre mangiarli velocemente, il più caldi possibile). E tutti gli altri elementi da aggiungere alla fine, dalla fetta di carne all'uovo marinato, dalle alghe alle verdure, vanno preparati con cura separatamente".

A tavola gli spaghetti si mangiano con le bacchette, se serve avvicinando la ciotola (di legno laccato) alla bocca, succhiati più che masticati: per il galateo asiatico far rumore non è disdicevole. Il brodo si beve dalla tazza alla fine (tenendola sotto) e il cucchiaio si usa il meno possibile. 

Il tempura

Tradizionale rielaborazione delle fritture di verdure dei mercanti portoghesi presenti in Giappone nel 1600, il tempura è una frittura più leggera di quelle italiane in quanto priva di uova, la base della pastella è infatti di farina e acqua ghiacciata frizzante.

Il tempura si mangia caldissimo appena pronto, e si accompagna con la salsa tentsuyu, che a differenza dalla salsa soia non è semplice trovare in Italia già pronta.

Un buon locale giapponese la prepara con tre parti di dashi, una parte di mirin e una parte di salsa di soia più una spruzzata di daikin, il rapanello giapponese e zenzero.

Il dashi è, a sua volta  un brodo dal rocco umani a base di acqua, alga konbu essiccata e katsuobushi, tonno essiccato a scaglie. Il Mirin è un altro derivato alcolico del riso, di minor gradazione ma più zuccherino,

In questo caso una ciotola più grande dovrebbe permettere di immergere completamente i pezzi di tempura.

Fonte: https://viaggi.corriere.it/news/cards/10-cose-da-sapere-per-mangiare-da-vero-giapponese



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